Per una critica della globalizzazione

elogio

 

 Elogio delle differenze

(G. Damiano, Edizioni di Ar, Padova, 1999) 

«Non importa, continuiamo!»: sono le parole di Max Weber che Giovanni Damiano - insegnante di filosofia ed autore del libro Elogio delle differenze. Per una critica della globalizzazione (Edizioni di Ar, www.libreriaar.it) - rammenta come esortazione ad affrontare i tabù della nostra epoca, anche al prezzo di esporsi agli strumentali fraintendimenti o alle facili, quanto superficiali, accuse degli intellettuali illuminati sempre pronti a magnificare orgogliosamente lo «spirito del tempo».

Uno spirito che descrive la globalizzazione come un processo vantaggioso, un progresso dell’umanità e comunque come un fenomeno ineluttabile, un destino cui non sarebbe possibile sottrarsi in alcun modo. Non è dello stesso avviso Damiano che, in questo testo, ha innanzitutto il merito di elaborare una diagnosi profonda e dettagliata del fenomeno, di cui troppo spesso si colgono solo gli aspetti meramente economici. Qui la globalizzazione viene pensata invece come un «unico “movimento” che si sviluppa su più dimensioni». Oltre al globalismo economico l’autore prende in considerazione ed approfondisce anche gli aspetti politici, culturali, ideologici e soprattutto giuridici della mondializzazione che nega ogni termine, confine, identità, Forma, per la costruzione di una società planetaria di uomini sradicati, di “cittadini del mondo”, vale a dire di consumatori globali.
Dopo aver individuato i protagonisti della globalizzazione nelle organizzazioni internazionali politiche (ONU, Unione Europea, Nato, etc.) ed economiche (ad esempio: Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale), nonché nelle multinazionali che sottraggono risorse e potere ai governi degli Stati, Damiano sottolinea anche il ruolo svolto dalle Organizzazioni Non Governative (ONG) che, pur impegnandosi spesso in lodevoli attività di aiuto e sostegno ai Paesi poveri, esprimono delle logiche di «internazionalismo umanitario» per nulla alternative bensì funzionali alla «deculturazione» (Latouche). Non a caso le ONG si fanno sovente promotrici dei cosiddetti «diritti universali». Ciò è particolarmente significativo in quanto il globalismo giuridico, anche se procede più lentamente rispetto alla dimensione tecnico-economica dell’omogeneizzazione planetaria, è un aspetto centrale dell’ideologia mondialista, giacché lo svuotamento delle appartenenze identitarie, secondo l’utopia giuridica imperante, dovrebbe essere compensato da un diritto cosmopolitico capace di garantire la pace nella nascente società globale (o multirazziale). L’autore dell’Elogio delle differenze smaschera efficacemente il carattere illusorio di una prospettiva di questo tipo: la pretesa di fondare un ordine politico mondiale sui diritti umani universali ed individuali rappresenta in sé un’istanza violenta e bellicosa. Prima di tutto perché gli astratti e presunti «diritti universali» sono in realtà una determinazione storica dell’Occidente moderno, perciò affermarli su scala mondiale significa occidentalizzare il mondo e, dunque, violentare culture e tradizioni diverse dalla nostra. Inoltre centrare tutto il fenomeno giuridico sul singolo individuo, prescindendo dai vincoli storici e comunitari che legano gli uomini, nonché dalla sovranità degli Stati (il concetto di cittadinanza dilatato su scala mondiale), contribuisce ad inflazionare l’interventismo militare attraverso le cosiddette «operazioni di polizia internazionale», come si è visto negli anni più recenti. Tutto ciò con un uso arbitrario del diritto internazionale per cui si sceglie di intervenire in uno scenario piuttosto che in un altro sulla base di considerazioni che nulla hanno a che fare con il più elementare sentimento di giustizia.
Damiano, dunque, con grande ricchezza di argomenti, osa criticare quella società multirazziale (la società globale si pretende, per l’appunto, multirazziale) che si va fabbricando attraverso un movimento livellatore ed egualitarista imperniato su un diritto astratto. Ricordando, tra l’altro, come nella storia dell’umanità la costruzione di una società multirazziale sia sempre avvenuta mediante processi violenti. Se la globalizzazione produce una «crisi indifferenziatrice», l’unica alternativa plausibile non può che essere un modello che si fondi sulla salvaguardia delle differenze (identitarie, etniche, culturali, religiose, tradizionali, etc.), come elementi di arricchimento per l’intera umanità. Così l’autore si rifà a quella concezione metapolitica che potremmo definire con de Benoist «differenzialismo», o «contestualismo». Si tratta di una prospettiva che non va pensata in mera contrapposizione alla globalizzazione: il pensiero delle differenze non rappresenta una reazione al modello della società globale, bensì, appunto, un’alternativa praticabile. Esso si fonda sul riconoscimento relazionale delle differenti identità che non vanno affermate in modo assoluto (ciò rappresenterebbe una negazione del differenzialismo stesso), ma definite in rapporto con l’Altro da sé. In pratica Damiano propone una riorganizzazione dell’ordine mondiale basata sul «federalismo etnico» che, senza pretendere di far corrispondere ad ogni etnia uno Stato, consenta ad ogni popolo di salvaguardare le sue appartenenze ed il suo destino dall’uniformazione planetaria.

Paolo Marcon