Capo Donna? No grazie
Il SOLE/24 ORE del 1 dicembre riporta un sondaggio europeo condotto fra i visitatori di Monster, il più importante portale internet per la ricerca di personale che raggruppa 13 siti.
La domada, a cui hanno risposto 24.446 internauti europei di entrambi i sessi, verteva sulla preferibilità di avere come “capo” un uomo oppure una donna. La risposta è inequivocabile. A livello europeo il 47,69% risponde che è indifferente, il 35,36% preferisce un uomo e solo il 16,96% una donna. Quello che è più significativo è che le donne che preferirebbero un capo donna sono solo il 5,95%, contro l’11% degli uomini. I dati riferiti all’Italia sono ancor più accentuati. E’ equivalente un capo maschio o femmina nel 38,78% dei casi, gli uomini sono preferiti per il 45,34% e le donne per il 15,89% di cui solo il 3,71% da parte di altre donne. Le donne, dunque, sembrano non essere molto gradite come capo, soprattutto da altre donne.
Subito, senza preoccuparsi delle motivazioni di chi ha dato queste risposte, scatta l’allarme e la corsa alle motivazioni. Così, senza chiedersi se per caso quelle risposte derivino da concrete esperienze sul campo, si passa dalla risposta più tradizionale, “il retaggio storico del mercato del lavoro”, a quella più creativa dell’amministratore delegato di Monster, Corrado Tirassa, secondo il quale “In alcuni contesti le differenze sono concepite come diversità di prospettive sul mondo . . .. Nelle situazioni più aperte e complesse, invece, le differenze portano a un diverso modo di svolgere gli stessi compiti creando maggior ricchezza e di soluzioni e più creatività” .
Non si capisce cosa esattamente significhi tutto ciò, ma andiamo avanti. Non poteva infatti mancare il puntuale intervento, a far da contraltare, dello psicologo di turno, Filippo Zizzadoro, che scrive un articolo dal titolo significativo – “E gli uomini servono ancora? Se gli uomini stanno migliorandosi, sostiene, è grazie alla presenza femminile per il di più che hanno in tema di “far sentire a proprio agio le persone e di come favorire la comunicazione”. Altre peculiarità femminili? Eccole: tenacia nel raggiungere gli obbiettivi, affidabilità, fiducia, pazienza, rispetto delle regole, propensione ad assumersi responsabilità, comportamento etico, senso della giustizia, riconoscimento dei ruoli, valore della relazione. Certo, dichiara lo psicologo, esiste una certa “rigidità” femminile e “il pericolo che l’inconscio collettivo femminile si autoalimenti”.
E l’uomo? Per fortuna qualche requisito ancora lo conserva. Mediatore, tendenzialmente più flessibile ed elastico nell’accettare scelte comuni , quando si richiede un adeguamento repentino ai cambiamenti, quando si cerca un modello trainante nel gruppo.
Nel complesso però le donne, scrive Zizzadoro senza accorgersi della contraddizione in termini, hanno “edulcorato gli ambienti competitivi e antimeritocratici” maschili, tanto da rendere inspiegabile che la donna, ancora oggi, quando pensa ad un modello di leader pensa ad un uomo.
Una risposta potrebbe averla da quell’ascoltatrice di Prima Pagina (Rai Tre, ore 7,30) che è intervenuta sul tema per rispondere a Piero Sansoneti (L’Unità), preoccupatissimo per il persistente maschilismo. L’ascoltarice, santa saggezza femminile, ha sostenuto che l’antifemminismo non c’entra per nulla, e che le donne hanno dato quel tipo di risposta semplicemente perché percepiscono sé stesse più adatte all’accoglienza ed alla ricettività che al comando, e che ciò non le sminuisce in nulla. Vai però a spiegarlo al pentito di turno, che si affannava a ripetere il suo assioma, indimostrabile per definizione, che più donne ai posti di comando porterebbero per incanto chissà quale miglioramento, non perché persone valide, ma solo perché donne.