Verso le quote editoriali?
Sull' Unità del 25 gennaio, Valeria Viganò lamenta che una grande casa editrice tedesca, Rowhalt di Amburgo, non preveda di pubblicare nel 2005 alcun testo scritto da donne, tranne una pubblicazione minore di una giovane scrittrice.
La Viganò ricorda con nostalgia i tempi dell'esplosione del femminismo, quando le donne pubblicavano di tutto e bastava loro affacciarsi alla porta degli editori. Eppure, dice, anche oggi le donne leggono più degli uomini, e quindi questo ostracismo risulta incomprensibile.
Per tentare di spiegarlo la Viganò ricorre a vari argomenti tutti centrati sul ritorno della centralità maschile: dalla tendenza ad occupare tutti gli spazi e difenderli, al fatto, per la verità un po' oscuro, che poichè le donne scrivono di donne e per le donne, gli uomini si sentirebbero esclusi. Insomma si adombra l'ennesimo complotto maschile.
L'unico argomento che all'autrice non viene in mente, perchè il più ovvio ed il meno ideologico, è che quell'editore non abbia semplicemente trovato testi femminili interessanti e di possibile successo.
Può darsi, naturalmente, che Rowhalt si sbagli, ma che c'entra la congiura antifemminile, come se gli editori fossero più attenti alla guerra dei sessi piuttosto che alle vendite? Ed è così disdicevole che le lettrici esprimano una preferenza, sembrerebbe, per testi scritti da uomini?
Non ci mancherebbe altro che, in analogia a quanto accade in politica, si propongano le quote riservate anche nei cataloghi editoriali.
Armando Ermini
[03 febbraio 2005]