Embrioriduzione, selezione eugenetica ed altro

di Armando Ermini

Il Sussidiario.net ci informa: http://www.ilsussidiario.net/articoloinstampa.aspx?articolo=47594 della nuova pratica di “Embrioriduzione” consentita all’Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna di Torino, dove esercita anche Silvio Viale, medico ed esponente politico radicale.

Questo termine è usato per definire la tecnica di “riduzione” degli embrioni, “generalmente effettuata nel primo trimestre di una gravidanza gemellare, eseguita iniettando cloruro di potassio nel cuore del feto da eliminare, così da procurarne l'arresto cardiaco, oppure occludendone il cordone ombelicale, ad esempio con il laser, in modo da bloccare l'afflusso di ossigeno. La scelta è tra far morire l'embrione soffocato o ucciderlo con un'iniezione letale.” Si parla di almeno quattro future mamme sottoposte a fecondazione assistita, che di fronte alla prospettiva di una gravidanza trigemellare (circostanza non rara nella fecondazione artificiale) hanno deciso di selezionare i loro figli facendone venire al mondo solo due. “Quello che viene soppresso è in genere il feto più facilmente raggiungibile con l'ago di una siringa che inietta nel cuore cloruro di potassio: un metodo rapido, che nel giro di pochi secondi ferma il battito. Oppure si sceglie il più piccolo dei tre, dopo un'ecografia. Si adotta una tecnica simile a quella utilizzata per l'amniocentesi, ma in questo caso la siringa e l'ago non prelevano liquido amniotico per essere analizzato alla ricerca di eventuali malformazioni. L'iniezione intra-cardiaca ferma all'istante lo sviluppo di uno dei tre feti.”

L’articolo analizza i motivi che consentono questa tecnica nonostante l’espresso divieto contenuto nella legge 40 (che regola la fecondazione assistita), facendoli risalire alla prevalenza che su di essa viene data alla legge 194 (Interruzione di gravidanza), la quale finisce per attribuire alla donna il diritto assoluto di vita e di morte sul nascituro in nome del principio di autodeterminazione.

Più volte abbiamo scritto in questo senso e rimandiamo agli altri nostri interventi in materia, oltre che all’articolo citato. Qui vogliamo invece soffermarci su due altre nefaste implicazioni di questa pratica.

La prima è che si tratta di un altro passo verso la selezione genetica della specie. Perché se è vero che finora non è accaduto, lo è altrettanto che il criterio usato per consentire l’embrioriduzione, ossia la salute psichica della donna, è così generico, impalpabile e soggettivo che attraverso di esso “possono passare le peggiori aberrazioni eugenetiche alla Marie Stopes, il più sfrenato individualismo, il capriccio sulla scelta di un sesso particolare del nascituro, persino, in teoria, una sadica crudeltà”, si legge sull’articolo de Il Sussidiario.net. Non vogliamo colpevolizzare nessuno, semmai richiamare tutti al senso di responsabilità verso la vita nascente. Il fatto è, però, che una volta ammesso in linea di principio che si può eliminare un embrione piuttosto che un altro, non esiste più ragione valida perché non si possa decidere di “ridurre” l’embrione meno “sano” o quello potenzialmente meno intelligente o …..o….o. Anzi, scegliere di mantenere quello “migliore”, diverrà cosa normale. Per la madre perché, senza arrivare a pensare a scelte in base al colore degli occhi o dei capelli, sarà tesa al bene del futuro figlio. Per la società nel suo complesso perché un bambino sano e intelligente le creerà meno problemi. Ci sarà anzi una spinta culturale affinchè la madre si conformi a quel tipo di scelta. Tutto ciò costituisce selezione eugenetica della specie. Ci si assuma, almeno, la responsabilità di definire le cose col loro vero nome, senza ricorrere alle mascherature della neo-lingua edulcorata e politicamente corretta, volta a far passare sotto silenzio pratiche che l’opinione pubblica, se le conoscesse per quello che sono, respingerebbe.

La seconda implicazione, non meno importante, riguarda i figli. Oggi si considera un “progresso” il fatto che un figlio nasca perché desiderato, ma i dati clinici contraddicono questa credenza. Scrive Claudio Risè che “ Il dato riscontrato da moltissimi terapeuti è che questo “essere bambino desiderato” non ha prodotto un incremento di felicità per il bambino, e poi per l’uomo che diverrà. Anzi è il contrario. Questi “figli scelti” soffrono una vera e propria sindrome da sopravvissuti. I figli della generazione post legislazioni abortiste sanno che avrebbero potuto non nascere. Prima “l’esserci” veniva collegato alla natura, o a Dio. Adesso è avvertito come arbitrio dei genitori. E ne nasce un narcisismo malato, sempre bisognoso di rassicurazioni di essere voluti, amati, che è una grande malattia morale delle nuove generazioni. E’ sotto gli occhi di tutti!” L’embrioriduzione accentuerà a dismisura la sindrome di cui scrive Risè, perché il fratello non nato era proprio lì accanto, a stretto contatto col nato. Solo la posizione relativa o la dimensione, ossia il caso, o peggio ancora la scelta soggettiva ed arbitraria dei genitori, ha consentito di vivere a quel bambino particolare piuttosto che all’altro.

E’ evidente, allora, che non siamo in presenza di una problematica medica, e neanche di una di quelle questioni definite “eticamente sensibili” per le quali si invoca la libertà di coscienza. La questione, implicando scelte legislative, è direttamente politica. Ed è altrettanto evidente che oggi, ormai, la questione politica è immediatamente antropologica. E’ desolante constatare che la politica tutta e con essa la gran parte dei media, inconsapevoli (o peggio molto consapevoli), si attardino in dibattiti miseri mentre nel frattempo il pensiero unico, avamposto di un nuovo totalitarismo, avanza inesorabile.

[25 novembre 2009]