Contro la scuola femminilizzata
L'ultimo maestro
diario di un maestro elementare dei nostri giorni - (Dernier, Edizioni Beta, Roma, 1998)
"Nella mia scuola, quando vengono preparati documenti che devono essere firmati dai docenti – in genere richieste, moduli di domande, circolari – in fondo non si scrive ormai più “gli” insegnanti, ma “le” insegnanti… Mi chiedo: posso firmare sotto la dicitura “Le insegnanti…?”
Potrei infischiarmene: non ho di questi problemi di “identità”, ma sul piano del principio, fino a prova contraria, anche se i maschi sono solo… uno, la dicitura dovrà essere al maschile come ci hanno insegnato da migliaia di anni. La famosa “concordatio” latina dove la mettiamo?…
Un fatto strano è successo l’altro giorno qui alla sede distaccata… La Normanna, nominata dall’egregio B. D. insegnante referente – capogruppo – aveva preparato a mano la richiesta – rivolta al Comune – dell’esecuzione di un lavoro nell’aula di inglese; in fondo ha chiuso la lettera con “Le insegnanti”… Io sono stato l’ultimo a ricevere il foglio: ho corretto quel “Le” aggiungendo una “G” prima della elle e modificando la “e” in “i”: “Gli”, insomma. E’ stata una distrazione della collega, capisco, però significativa…"
(da: Dernier, L’ultimo maestro, Ed. Beta, Roma, 1998, p. 116)
«Se un uomo non è disposto ad affrontare qualche rischio per le sue opinioni, o le sue opinioni non valgono niente o non vale niente lui», scrisse una volta il poeta americano Ezra Pound. Sono parole che tornano alla mente leggendo L’ultimo maestro (Ed. Beta, tel/fax 064103293; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). E soprattutto conoscendo la storia dell’autore, il suo coraggio e il non piccolo prezzo che ha pagato per rimanere fedele a se stesso, e alla verità. Dernier, cioè “ultimo”, è lo pseudonimo scelto da Maurizio Boscherini per firmare questo diario, che racconta l’esperienza professionale, e umana, di un uomo rimasto nella trincea della scuola elementare.
Uno degli ultimi esemplari, dunque, di una specie significativamente in via di estinzione: quella dei Maestri, maschi, che per mille motivi sembrano destinati a scomparire in una scuola sempre più monocolore (rosa) e “al femminile”. E non è una faccenda di poco conto, anzi. Qui si va alla radice della “questione maschile” che ci sta tanto a cuore. Come insegnano i maggiori studiosi della materia (da Claudio Risé a Robert Bly), infatti, la “femminilizzazione” del sistema educativo, e scolastico, che caratterizza tutto il mondo occidentale, è sicuramente da annoverare fra le cause principali della crisi dei valori maschili nella nostra società. Il mancato riconoscimento del fondamentale ed insostituibile ruolo di iniziatore alla vita sociale, proprio del maschio adulto, nella scuola di base come in ogni altro luogo di “formazione” dei giovani (prima di tutto, naturalmente, in famiglia), è il segnale della perdita di un sapere antico, ben noto alle culture tradizionali. Che erano, forse, meno sofisticate dell’ipercivilizzato Occidente moderno, ma conoscevano (istintivamente) assai bene quanto importante fosse donare ai giovani dei chiari e forti modelli simbolici di riferimento.
E’ pur vero, d’altro canto, che la consapevolezza dei guasti prodotti dall’attuale stato di cose si sta diffondendo rapidamente. Lo conferma, per esempio, la campagna di informazione su questo tema avviata dalla Libera Associazione per il progresso dell’istruzione (Lapis, www.fogliolapis.it), e il sondaggio condotto dalla stessa, d’intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione, sulla carenza di insegnanti maschi nella scuola di base. E lo testimonia, per l’appunto, anche questo bel libro di Maurizio Boscherini, un uomo che nella scuola elementare ci sta per passione, oltre che per mestiere. Si tratta di un diario che fotografa due anni di scuola (quarta e quinta elementare), gli slanci e le delusioni professionali dello stesso Boscherini, che intende il proprio lavoro – lo si coglie perfettamente dalla lettura del libro – come una vera e propria missione educativa, rifiutando di considerarsi un impiegato statale modello “posto fisso e chi se ne frega di tutto il resto”. Il libro si presenta subito come un autentico atto d’accusa contro la scuola femminilizzata ben descritta dall’autore, che inventa all’uopo un azzeccato neologismo, ipocrazia:«ipocrisia più burocrazia uguale ipocrazia, cioè poco (IPO) governo (CRATOS), nel senso di scadimento di autorità». Una scuola, testimonia Boscherini, dove l’esame diventa pura formalità perché è praticamente vietato bocciare; dove le diavolerie della “burodidattica” (riunioni in cui si perdono ore a discutere di nulla, astrusi Pof: piani dell’offerta formativa, etc.) ostacolano ed affossano il primario compito educativo. Una scuola dove molti degli insegnanti (delle insegnanti…) si preoccupano più della data del proprio pensionamento che di tutto il resto… Una scuola, quella fotografata da Boscherini, dove il Maestro, soprattutto se crede sinceramente nel proprio lavoro, finisce col diventare il capro espiatorio del sistema, schiacciato com’è dagli interessi del mostro burocratico, da una parte, e dalle ansie iperprotettive delle famiglie, dall’altra.
E’ ciò che è capitato allo stesso Boscherini, trasferito coattivamente per “incompatibilità ambientale” da Santa Sofia di Forlì in un paesino di montagna, a più di un’ora di strada da casa sua. La causa? L’inimicizia delle sue zelanti colleghe, e dei suoi superiori. Le colpe del Maestro Dernier? Il rifiuto di firmare circolari al femminile (che chiudono con la dicitura: “Le insegnanti”). E soprattutto aver scritto questo coraggioso libro-denuncia sull’attuale scuola elementare, femminilizzata e specchio perfetto di una società buonista ed ipocrita, che preferisce premiare chi pensa solo al proprio mediocre interesse di bottega, anziché valorizzare chi fa il proprio dovere, per sé e per gli altri. E allora poco importa, anzi è un’aggravante, se il Maestro Boscherini non risparmiava tempo per i propri allievi, se li riceveva a casa per lezioni private, il sabato e nelle vacanze. Se non si appiattiva sui famigerati Pof, ma insegnava loro la poesia e la pittura. E il teatro, portandoli in giro a recitare il sabato e la domenica. Poco importa. Perché Boscherini è un uomo che crede in quello che fa, e che è. Perciò è pericoloso e non teme le “battaglie contro i mulini a vento”.
Onore a lui, e che ci sia d’esempio.
Paolo Marcon
LA STORIA DEL MAESTRO MAURIZIO BOSCHERINI SU FOGLIOLAPIS
LA LETTERA APERTA AL MINISTRO MORATTI SUL CASO BOSCHERINI, DI CLAUDIO RISE’