Cast Away

il naufragio è la retta via
Il maschile e la realizzazione del proprio essere

di Robert Zemeckis, USA, 2000

a cura di Marcello Menna 

Chuck (Tom Hanks) è l’agente di un’impresa di spedizioni. Mentre vola per lavoro, l’aereo precipita in mare: l’uomo è gettato energicamente lontano, in uno sconosciuto Altrove.
Si salva su un'isola deserta.
Solo.
Si tratta di sopravvivere.
Mangia quel che trova, cerca di fare il fuoco, si ferisce coi coralli, sperimenta il suo limite: l’incapacità di dominare e asservire a sé la Natura, la terra e le sue forze primordiali.
Parla con una palla per non impazzire. Passano quattro anni.
Chuck tenta la carta disperata della fuga dall'isola. Con una zattera supera la barriera corallina…
…È stremato, quasi morente, quando una nave lo raccoglie. Chuck è tornato alla vita trasformato dall’estrema esperienza, e dovrà dolorosamente ricominciare.

Naufragando, smarrendo ogni controllo su di sé e sull’alterità con cui si relaziona, il singolo, nella sua umanità più drammatica e vitale, scopre la necessità di perdere tutto per ritrovare se stessi.
Il luogo selvaggio che affronta è insensibile, duro e insondabile, tutt’altro della materna civiltà di consumi e benessere.
Questa paterna prova iniziatica lo rende un uomo: conquista finalmente la sua identità profonda e decisiva, un progetto di esistenza.

Quando torna non è reintegrabile nella società, nel mondo delle buone maniere che ha rimosso gli istinti e l’itinerario del Sé. E’ un emarginato asociale, ma ha compreso l’essenziale, per la prima volta: vivere è affidarsi ad un destino misterioso e buono.
Perdersi per ritrovarsi. 

L’esperienza del naufragio è massima non nella rinuncia passiva, come ci si potrebbe aspettare, ma nell’affermazione e nella realizzazione di se stessi.
Inoltre, quando il naufragio si accompagna alla coscienza di non essere autosufficienti, si configura come una benevola e feconda disposizione al Sacro.
La condizione fondamentale per rendere significante il naufragio consiste nel non subirlo, partecipandovi invece attivamente..

Quest’adesione consapevole consiste prima nel prendere delle iniziative, correndone tutti i rischi; poi culmina nell’accettare il proprio destino di naufraghi.
Incontrarsi con l’essere mediante il naufragio non è una questione di conoscenza o di autorità, ma richiede il coraggio di vivere anziché lasciarsi vivere, il mettere in campo il rischio e quindi l’impegno per la responsabilità.