Il padre dei miei figli
Un film di Mia Hansen-Løve. Con Chiara Caselli, Louis-Do de Lencquesaing, Alice de Lencquesaing, Alice Gautier.
Francia, Germania 2009.
A cura di Armando Ermini
Il film rievoca la vicenda del produttore Humbert Balsan, morto suicida nel 2005 per l’impossibilità di far fronte al dissesto finanziario della sua società di produzione, mettendo a fuoco la personalità sua e della sua famiglia, nonché il mondo del cinema: registi, produttori, addetti vari con la loro passione e dedizione, e le esigenze finanziarie e commerciali che si intrecciano con quelle artistiche. Di volta in volta è stato definito dalla critica come un film sull’amore incondizionato e totalizzante per il cinema, sulla difficoltà di fare cinema indipendente nell’era delle corporations che fagocitano mercato e gusti del pubblico, sull’elaborazione del lutto, sulla forza di un femminile che sa riemergere dalla tragedia e così via.
Tutto vero, ma io sono stato colpito, invece, dal grande rispetto ed anche dall’ammirazione con cui la giovanissima regista ventinovenne disegna la figura di Canvel/Balsan. Sognatore appassionato del suo lavoro, ma anche padre tenero e marito innamorato, la sua figura non viene intaccata nella sostanza neanche dal gesto estremo col quale priva la famiglia della sua presenza. Nella moglie e nelle figlie (deliziose e bravissime) , dopo un naturale moto di rivolta e di rabbia per il gesto dell’uomo che le lascia sole, finisce per prevalere un dolore immenso e malinconico, temperato però dalla consapevolezza che ciò che il marito e padre ha donato (a loro, al suo lavoro e ai suoi collaboratori, insomma alla vita) vivrà dentro ciascuna e saprà fruttificare e lievitare nel futuro. Dopo la morte dell’uomo e la messa in liquidazione della società, saggiamente guidata dalla moglie, la loro vita è destinata a cambiare. Tempi, spazi, luoghi fisici e psichici non saranno più gli stessi, ma nella nuova vita e nel futuro che le aspetta, Canvel/Baslan sarà ancora vivo, più che in un ricordo fatto di immagini fatalmente destinate a sbiadire, in ciò che il suo esempio e il suo amore ha lasciato dentro di loro, e che sarà di guida per la nuova vita.
In un’epoca in cui si approfitta di ogni pretesto, vero o inventato che sia, per sminuire le figure maschili e paterne fino a negarne la stessa utilità, o tratteggiandole solo in negativo, non è poco, davvero!
Ed ancora più significativo che questo riconoscimento avvenga ad opera di una giovane donna. Segno che di maschilità e di paternità si ha ancora irrinunciabile bisogno e desiderio.