L'amore non basta mai

Titolo originale: Masjävlar
Regia: Maria Blom
Fotografia: Peter Mokrosinski
Svezia, 2005
Mia Sofia Helin
Ingvar Lars G. Aronsson
Gunilla Ann Petrén
Eivor Kajsa Ernst

Recensione a cura di Paolo Ferliga

L'amore non basta mai, della regista svedese Maria Blom, parla del ritorno a casa di Mia, una giovane donna di circa trent’anni, per festeggiare il settantesimo compleanno del padre. Mia è single e nel pieno della sua carriera. Vive a Stoccolma e si è appena trasferita in un nuovo appartamento, dotato di tutti i confort, incluso riscaldamento sotto i pavimenti. I genitori e le sorelle non sono ancora stati a trovarla nella capitale, non lasciano mai il loro piccolo paese di campagna. Attraverso paesaggi di una bellezza incontaminata, con un auto potente, Mia raggiunge il piccolo villaggio dove è nata. Nel corso del viaggio però un’ombra attraversa il suo volto, una preoccupazione sottile sembra toccare la sua anima… A casa la attendono i genitori e ben presto arriveranno le due sorelle. Eivor, la maggiore, deve sostenere la parte della donna pienamente realizzata nella famiglia, mentre Gunilla, separata dal marito sembra vivere in una situazione di lieve follia. Tra le sorelle inizia un confronto che svela l’assenza di comunicazione e l’isolamento reciproco. Si crea un clima che ricorda, in tono minore, quello dei film di Bergmann. Mia che all’inizio sembra la più felice è prigioniera del suo narcisismo tanto quanto Eivor è ingabbiata nel suo ruolo. Gunilla si sente una fallita. Anche i genitori che sembrano vivere tra loro una relazione serena, non hanno mai ascoltato davvero le figlie. Intorno altri invitati svelano poco alla volta il loro dramma. Un giovane uomo, in particolare, vive nel ricordo del padre che, alcuni anni prima, si è suicidato. Il figlio è restato in casa con la madre e cerca di supplire per lei il marito assente. Vive nel ricordo idealizzato del padre, prigioniero di un’immagine che si rivelerà falsa e ingannevole. La festa del compleanno, complice un flusso ininterrotto di vodka, scioglie l’incomunicabilità e consente alle sorelle di dirsi ciò che non si erano mai dette: ciascuna avverte un bisogno profondo di amore e di comprensione da parte delle altre. Anche Mia, idealizzata e invidiata dalle sorelle svela il suo segreto. Il giorno dopo dovrà recarsi in ospedale per abortire. Il padre è un giovane inconsapevole, il figlio, il frutto di un’avventura…Un fatto inaspettato e improvviso irrompe nella festa di compleanno. Per ciascuno la prospettiva sulla vita cambia, nuove responsabilità si presentano. Il figlio del suicida dovrà lasciare la madre e la casa natale, Mia parlerà al padre del bambino…La vita riprenderà a scorrere verso nuove possibilità.
Bella la fotografia, dialoghi serrati e recitazione sobria e incisiva. In particolare Kajsa Ernst, nei panni della sorella maggiore, mostra una sicura padronanza dei diversi registri comunicativi.
In un’intervista (Chiara Ugolini, 29 sett. 2005) la regista Maria Blom dichiara a proposito della situazione svedese:
“Si tratta di una situazione complessa. Abbiamo cominciato a formare nuovi tipi di famiglie, è più facile ottenere il divorzio, molte coppie preferiscono non avere figli mentre nel passato la famiglia era soprattutto un luogo dove prendersi cura uno dell'altro. Le persone ora si allontanano, viaggiano, anche le nonne possono fare dei viaggi. Questo è il grande interrogativo del momento: che succederà alla famiglia? Ne abbiamo ancora bisogno? Certo la famiglia è una realtà speciale perché è formata dalle persone che ti conoscono da sempre ma la domanda è ti conoscono veramente?” E poi aggiunge: “E' un film che ti farà sentire l'affetto dei tuoi familiari e quanto tu riesca ad amare le persone intorno a te anche se non sono così simpatiche. E' un film sul perdono e sull'accettazione di come sono gli esseri umani. Venite al cinema e provate questo calore.”

[14 dicembre 2005]