La 25a ora

di Spike Lee
USA, 2003

“Salvare l’Occidente con il Padre”

a cura di Marcello Menna 

Ultimo giorno di libertà per Monty Brogan, che sta per essere incarcerato: deve scontare sette anni per spaccio di droga. 24 ore per riflettere sulla sua vita, sul proprio destino (ha optato per il denaro facile), per recuperare il legame con il padre, congedarsi dalla fidanzata, dai suoi due migliori amici, per giungere alla consapevolezza che deve pagare per quello che ha fatto. “Sincera confessione della nostra intima coscienza”.
Questa è la chiave di lettura che Spike Lee ci mostra, onestamente, per farci comprendere una possibile e auspicabile soluzione alla crisi dell’Occidente.
Occidente che è una New York ferita, una capitale dell'Impero accortasi di essere odiata e fragile, con le due Torri Gemelle che, suicidandosi e crollandosi addosso, mandano in frantumi il Sogno Americano con una chiarezza e una violenza inaudita.
Un pugno nello stomaco e un vuoto nel cuore che sembrano del tutto insanabili.
Si inizia con il protagonista, classico malavitoso dalla faccia pulita, che decide di raccogliere dalla strada un cane massacrato a sangue, che simboleggia l'innocenza selvatica costretta alla ferita da una civiltà sempre più corrotta e divorante.
Tutti i personaggi risentono, in queste fondamentali 24 ore prima del carcere, della loro infantilità, del loro non essere adulti responsabili che affrontano a viso aperto la dura realtà: uno spacciatore che si rifugia, per comodità, nel mondo della mafia, materna organizzazione che soddisfa tutti i tuoi bisogni e che ti permette di evitare i sacrifici di una vita onesta; i migliori amici e la tua donna, che non ti impediscono di cacciarti in un mare di guai, che non svolgono, perché gli costerebbe troppo, il vero e arduo compito di compagni di vita; un professore frustrato che regredisce ad un livello adolescenziale, desiderando sessualmente l'allieva diciassettenne; un giovane azionista che spera di affrontare i problemi con il successo economico e il bell'aspetto, la superficialità estetica.
In un tale deserto della coscienza, le ultime 24 ore di libertà si rivestono misteriosamente di un significato, di un senso ultimo e fondante: lo svelamento dell’autentica paternità, capace di testimoniare coraggiosamente il dolore, la perdita, la ferita, l'irriducibile limite che radica la condizione umana.
Monty sta per perdere il controllo, ma è il padre che, poco prima della fine del giorno, gli mostrerà la retta via. La venticinquesima ora è quella della redenzione.
Da questo terribile e sincero incontro con il padre di Monty, tutti noi comprendiamo che il vero male di vivere non viene da un male oscuro ed esterno al soggetto, ma dal profondo di noi stessi, dal nostro io infelice che ha rimosso l’essenziale, il Sacro che ci avvolge e che abbiamo tentato di eliminare.
E così facendo abbiamo rovinato gli altri e noi, fino a farci tirar giù le Torri dell’Impero.
Solo uno sguardo spirituale, un atteggiamento di preghiera e di umile devozione a Tutto e a tutti, ci libera dal male e dall’angoscia esistenziale.
Così saremo in grado di riscattarci dalle nostre colpe e ci faremo pestare, per il nostro bene, dal nostro migliore amico, finendo massacrati come il cane incontrato all’inizio del film-viaggio. Perché un bel visino pulito, in galera, non è più al sicuro, come lo era nella società femminilizzata.
Quasi a dimostrare che la Croce, e cioè la sofferenza che ha un tèlos, una direzione, un significato essenziale e metafisico, sia l’unica strada che ci fa crescere e trovare la gioia piena e sazia, il sorriso sincero e sofferto verso l’umanità. Nella Croce la pienezza della giustizia innocente.
Si finisce con il protagonista che dorme su un’auto guidata da suo padre, che lo porta verso la prigione o forse verso un nuovo Sogno, non si sa.
Ma quello che è certo è che il viaggio di rinascita, fisico o spirituale, è solo cominciato, e tocca a noi intraprenderlo. Buona 25° ora.