Monsieur Lazhar
Recensione a cura di Armando Ermini
REGIA E SCENEGGIATURA DI Philippe Falardeau
Con: Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Émilien Néron, Brigitte Poupart, Danielle Proulx, Louis Champagne, Francine Ruel, Jules Philip, Sophie Sanscartier, Seddik Benslimane
In Italia da Settembre 2012
La trama: un algerino ex gestore di ristorante che in patria ha subito il trauma della scomparsa della moglie, emigra in Canada. Là si improvvisa insegnante in una scuola i cui alunni hanno subito il trauma del suicidio in classe di una loro insegnante, con esiti sorprendenti. Sottotitolerei in questo modo il film: “I benefici della presenza maschile nella scuola”. Perché questo sottotitolo? Perché al di là di altre interpretazioni del film, che possiamo trovare su qualsiasi giornale, proprio questo mi sembra infatti essere il suo messaggio principale.
Il Canada, si sa, è un paese “evoluto” , cioè femminilizzato secondo il linguaggio politicamente corretto,e la sua scuola ancora di più. “Qui comandano le donne”, è una delle prime frasi che il nostro improvvisato professore si sente rivolgere da uno dei rari soggetti maschi che circolano. La preside è donna, la gran parte del corpo insegnante idem, la psicologa chiamata a sostenere i ragazzi per far loro superare il trauma anche. Eppure Monsieur Lazhar non fa una grinza. Rispetta i ruoli ma va avanti a fare il suo lavoro senza farsi impressionare. E lo fa bene; con la giusta severità ma senza isterismi, con amore e simpatia verso i ragazzi ma con fermezza. Direi “come un padre” conscio del suo ruolo, che sa di poter dare qualcosa di importante ai ragazzi, ma anche di poter ricevere da loro. Cosicché, per il suo modo di rapportarsi, più incisivo di quello della psicologa, “l’esperta”, pian piano l’atmosfera muta. Affiorano alla luce le dinamiche, le paure, i sensi di colpa, il non detto che ciascun allievo si porta dietro, ma Monsieur Lazhar sa ascoltare, capire, e fare in modo di creare fra i ragazzi un’armonica franchezza, smussando con ironia i narcisismi di alcuni, incoraggiando altri. E muta qualcosa anche fra le insegnanti, indotte dal suo stile a rendersi conto di più cose. Ad esempio, che il gesto del suicidio in aula, indipendentemente dai motivi che lo hanno spinto, non poteva essere non dico giustificato, ma neanche “compreso” in quanto vero e proprio tradimento verso coloro di cui un insegnante è responsabile, o che l’eccesso di sicurezza, la pretesa di eccessive precauzioni finisce per nuocere alla naturale voglia di muoversi dei giovani. Insomma una sana ventata di virilità e di paternità, mai eccessive o sopra le righe, a dimostrazione di quanto la scuola abbia bisogno degli uomini. Anzi, non tanto la scuola quanto i ragazzi, i maschi ma anche le femmine. Non è un caso che l’allievo “preferito” diventi una ragazzina…