La violenza del no

camino E il giudice che ne parlafinisce nei guai

Balthus- Figura davanti al camino

 

Da La Repubblica del 4/12/2000.: Occhiello: Milano, sentenza choc in un caso di maltrattamenti.
Titolo:“ LA MOGLIE NON VUOLE? ANCHE QUESTA E’ VIOLENZA.”

Questo il titolo, ma vediamo di che si tratta. Il giudice del Tribunale di Milano, Benedetto Simi de Burgis, nel condannare un uomo a nove mesi di reclusione per lesioni nei confronti della moglie, fa una premessa alla sentenza:
“ Nella maggioranza dei casi la superiore forza fisica del maschio e la sua connaturata propensione alla violenza ne fanno il padre-padrone, il persecutore di familiari succubi, per tradizione, per amore, per terrore”.  “Il suo millenario predominio, troppo spesso fondato su tutt’altro che sull’affetto, sull’esempio, sulla rettitudine . . . . ,” e via ingiuriando i poveri maschi.
Poi però si azzarda a riflettere: “ Le donne, fisicamente deboli, di indubbio maggior fascino e di modi solitamente accattivanti, sanno porre in essere sottili comportamenti in cui dosano il veleno capace di scardinare la coppia, minare la serenità del compagno, distruggere la sicurezza del rapporto”.
  Fra questi comportamenti, oltre ai silenzi ostinati, sfocianti nella mancanza di colloquio, di cui le donne sarebbero specialiste, trionfa  l’ostinato rifiuto di concedersi al compagno. Scrive il giudice,  forte delle sue ricerche istruttorie e dell’audizione dei testimoni in processi di questo tipo (insomma: ne ha viste tante):“Come non vivere alla stregua di una persecuzione sconvolgente la donna che respinge il suo uomo?” E conclude:“Siamo abituati a considerare violenza sessuale quando il compagno piega la donna che non lo gradisce ai suoi voleri.
Ma quando è la donna che  piega l’uomo ai suoi non voleri, che forma di reato è?”
Non si tratta,  sembra, di un giudice indulgente con la violenza maschile, tutt’altro. E’ però un magistrato che:  1)Coglie uno stato d’animo di molti uomini ancorché silenzioso 2) Pone un problema: l’ esistenza di  una  poco visibile  violenza femminile,  e 3) Formula una domanda sul tipo di reato che questa potrebbe configurare.
Quale è il commento del giornale  alla notizia? “Parole che, anche se spiegano una condanna, sembrano giustificare il colpevole, e mettere sulla graticola la moglie. . . . Una sorta di manuale a sfondo psicologico sui comportamenti . .  fra le pareti domestiche . . ;. .  una conclusione stupefacente: l’altra faccia della violenza sessuale che vede l’uomo pretendere rapporti non graditi, è il rifiuto di una moglie ad avere rapporti sessuali. .; . . . alla faccia di chi pensava che nel nuovo millennio i rapporti fra le persone fossero qualcosa di più raffinato di quel che di animalesco c’è in ognuno di noi”.
Come diceva Nietzsche, l’odio  per l’animale   è uno dei tratti più caratteristici della modernità, e anche dei più malsani.  E’ diventata un’insolenza  stupefacente anche solo avanzare un’ ipotesi  sull’esistenza di una forma specificamente femminile di violenza, sottile, impalpabile, invisibile.  Come osano i maschi vivere il rifiuto come una persecuzione anziché come una raffinata espressione dei rapporti fra le persone, contrapposta alla loro degradata animalità di desiderio sessuale per la compagna?
L’avvocato della moglie, d’altra parte, ha infatti già avanzato richiesta di ricusazione del giudice, accusato di visioni retrogade, e ideologiche.
Naturalmente, noi  non  è col codice penale che    pensiamo  di risolvere le contraddizioni tra i generi. Ricordiamo però che l’uomo può   perdere il lavoro ed essere incarcerato per una  frase affettuosa , o addirittura, come accaduto poco tempo fa, per aver regalato un mazzo di fiori non graditi. Provvedimenti quelli,   che sono stati   salutati  come un progresso di “civiltà” nei rapporti fra uomini e donne. Una civiltà in cui l’uomo appare fortemente svantaggiato. Perché il fare maschile, l’azione,   si mostra, espone al rischio, può essere facilmente sanzionato. L’apparente non fare femminile, consente la dissimulazione attraverso cui  le donne hanno, da sempre, esercitato la loro quota di potere reale, assai  maggiore di quello   rivelato dalle leggi scritte.
In questa situazione, benvenuto a  chi,  anche se giudice, e  con occhio tutt’altro che benevolo per il maschio, costringe le  istituzioni a rifletterci sopra.