Associazioni inverosimili

L’Unità del 12 maggio, con un articolo di Michele Sartori, celebra a suo modo il trentennale del referendum sul divorzio.

Il titolo è “Scene da un divorzio trent’anni dopo: poveri, belli e nevrotici”, mentre il sottotitolo recita” Gastriti, manuali strani, terapie bizzarre, divorce party, estetismo sfrenato, gli alimenti che creano nuovi poveri, associazioni inverosimili, e parcelle folli. Dal referendum del 12 maggio 74 ad oggi ecco com’è cambiato il divorzio degli italiani. Montecchi (DS): In Italia si torna sempre indietro, il vero dramma sono i tempi lunghi”.
Il contenuto dell’articolo è in sintonia col titolo. Descrizioni brevi e superficiali di fenomeni di costume, con ironica leggerezza. Un accenno alle nuove povertà, conseguenza del divorzio, senza mai dire che a soffrirne sono principalmente i padri, nessun ragionamento alla sorte dei figli, molte lamentele sulle lungaggini legislative considerate come l’unico, vero dramma. Maggior spazio invece alle associazioni dei padri separati, considerate inverosimili e trattate con sarcasmo e malcelato sottofondo di disprezzo per i drammi personali che coinvolgono tanti uomini.
Le parole usate valgono più di ogni commento: “Un gran daffare si danno infinite associazioni di “papà separati”, esigua avanguardia di uomini “responsabili” (chè, per il resto, 4 divorzi su 5 sono ancora per colpa del marito, e il 90% degli ex preferisce lasciare la prole alle mamme e pagare, e molto spesso non pagare), oscillanti fra depressione e combattività. A Padova “Padri separati” tiene corsi psicoterapeutici sull’interpretazione dei sogni. E cosa sognano i papà senza figli? “Cose tremende, su uno sfondo di lampi, di fiammate”, rabbrividisce la sociologa Luisa Palamidessi. A Bolzano l’Associazione separati e divorziati garantisce una Comunità alloggio per padri divorziati, dieci posti per disintossicarsi dal menage a due. Ernesto Emanuele, leader a Milano di “Famiglie cristiane separate”, organizza telefono Sos, centri di ascolto, gruppi di preghiera e consigli utili, da quelli legali a come si cucinano gli ossibuchi. “E’ dura, senza i figli accanto. Quando magari la moglie se ne va con loro a mille chilometri di distanza”. Già: quindi? “C’è gente che non regge, e si uccide: come Antonio Salvatore, un nostro iscritto di Aosta, si è bruciato vivo davanti al tribunale”. Però. “E quel poliziotto di Pavia che ha ammazzato moglie separata e convivente perché volevano andarsene a Taranto con sua figlia . . se l’è pure cavata con poco”. Scusi, ne parla come se fossero i vostri eroi. “ I nostri eroi, in qualche modo, si, lo sono” Non è un messaggio un po’ inquietante per le mogli? “Inquietante? Certo. Inquietante. Ah, ah, ah!”.
Il pezzo sopra riportato è il finale dell’articolo. Inquietante, diciamo noi, è l’intero articolo, privo di spessore e di ogni tentativo di approfondimento. Inquietante anche perché scritto da un uomo. I tempi sono quelli che sono, la scarsa autostima maschile è nota, ma trovare tanto disprezzo e sarcasmo per il proprio genere, tanta sottovalutazione per la sofferenza autentica di tanti padri non è cosa di tutti i giorni. Poi uno pensa al giornale in cui l’articolo è pubblicato, alla sua linea sui temi della dialettica fra i generi, si ricorda che un pezzo del 12 febbraio u.s. si concludeva con queste parole: “Bisogna dare una spallata a questa gerontocrazia fallocratica e tendenzialmente onanista”, gli viene in mente che il suo direttore Furio Colombo scrisse all’incirca tre anni or sono che ci erano volute le donne per ingentilire il pubblico calcistico (per gli eserciti è più difficile, sembra!), ed allora l’inquietudine e l’indignazione rimangono, ma la sorpresa sparisce.

Armando Ermini