Anche la scienza scopre il padre

Di Armando Ermini

La modernità tende continuamente a svalutare tutto il passato come superstizioso, magico, o nella migliore delle ipotesi ormai inutile e superato. Da decenni stiamo assistendo alla svalutazione della figura paterna come se l’elaborazione culturale dell’umanità fosse di valore pari a zero. Coerentemente a questo assunto alcuni governi sedicenti progressisti, ad esempio in Spagna o in Inghilterra, non solo non si oppongono alle “ricerche” sulla riproduzione umana senza intervento maschile/paterno, ma soprattutto operano a livello politico con leggi che sanciscono l’inutilità del padre concreto a tutti i livelli, da quello riproduttivo a quello educativo. Eppure le statistiche sul disastro sociale provocato dall’assenza paterna sono sotto gli occhi di tutti. Basterebbe non essere accecati dall’ideologia dei diritti individuali (femminili), per accorgersene e correggere il tiro, se solo si avesse davvero a cuore il bene dei figli come ipocritamente proclama ogni buon progressista.
Ora però anche la scienza inizia ad accorgersi che il padre è importante sotto ogni punto di vista, come dimostra l’articolo che linkiamo, in calce al quale c’è il rimando alla rivista scientifica New Scientist che pubblica l’originale.
http://fai.informazione.it/v/EB5FB86D-879B-4CF2-A429-B54B6B261F98/Padri-fondamentali-per-la-crescita-dei-figli-anche-biochimicamente

In sostanza, sulla base di una ricerca per ora limitati ai topi, si sostiene che il padre è essenziale non solo dal punto di vista educativo e sociale, ma anche da quello organico e che la sua assenza scatenerebbe nei figli di entrambi i sessi reazioni biochimiche negative con gravi ripercussioni, ad esempio, sulla socializzazione. Non solo, la nascita di un figlio indurrebbe anche reazioni biochimiche, questa volta positive, sul padre, tanto che l’autrice della ricerca, la scienziata israeliana Ruth Feldman, ha potuto concludere che
"I padri sembrano essere 'biologicamente programmati' per aiutare ad allevare correttamente i propri figli".
Credo che l’importanza di questo studio vada anche oltre l’oggetto di indagine in sé. Se ne può ricavare infatti che il sapere umano, pur nelle sue diverse branchie, è unitario, e che fra una disciplina e l’altra intercorrono rapporti convergenti anche se invisibili. Le scienze sociali e la psicoanalisi hanno a lungo insistito sull’importanza di entrambe le figure genitoriali, così come la religione cristiana e nel mondo antico i miti. Ora la scienza, coi suoi strumenti d’indagine, inizia a dirci che quelle discipline, quei saperi, non erano (sono) solo il frutto di elaborazioni culturali e in quanto tali sempre modificabili secondo mode e volontà politiche, ma erano (sono) in sintonia con la biologia dei corpi. Come a dire cioè che natura e cultura, corpo e spirito, non sono separabili e che la cultura così come elaborata in millenni di storia non è un fatto casuale di cui sbarazzarsi con leggerezza. Insieme con essa ci si sbarazza anche dei corpi, necessariamente. E gli esiti li vediamo.

[10 settembre 2009]