Ritalin e referendum sulla fecondazione artificiale

A cura di Armando Ermini ,per la redazione del sito.

Pubblichiamo la lettera inviata all’onorevole Tiziana Biolghini, dopo averla ascoltata su Radio Radicale in tema di referendum. Il nostro sostegno alla campagna contro il Ritalin è convinto e fuori discussione, ma non potevamo non farle rilevare che la sua presa di posizione per il si ai referendum ci sembra in palese contraddizione , per i motivi più sotto spiegati, con la battaglia contro la medicalizzazione della vita.

Gent.ma On. Biolghini,
qualche mese orsono la nostra associazione culturale , ed io personalmente, abbiamo aderito con convinzione alla campagna da Lei promossa contro l'uso e l'abuso del Ritalin nel trattamento della così detta sindrome da iperattività, di cui sarebbero affetti un numero crescenti di bambini.

Il giorno 6 giugno abbiamo ascoltato le sue dichiarazioni , rese a Radio Radicale, decisamente e convintamente a favore di quattro "si" ai prossimi referendum sulla procreazione artificiale.

Non Le nascondiamo lo stupore per la contraddittorietà che vi scorgiamo.

La c.d. sindrome da iperattività e la crescente sterilità maschile e femminile hanno forti radici in comune. Sono entrambi fenomeni tipici delle società occidentali sviluppate, ed entrambi nascono da stili di vita centrati sul concetto di produttività economica a breve termine. Da un lato, la disattenzione ai problemi dell'inquinamento ambientale ed alimentare costituisce un potente fattore di diminuzione della fertilità umana, dall'altro le esigenze e gli obbiettivi di successo professionale, mentre alzano inesorabilmente l'età della maternità con le implicazioni che ne conseguono, allo stesso tempo allontanano i genitori dalla cura e dall'attenzione per i propri bambini, disumanizzando anche le relazioni familiari. La sindrome da iperattività, che Lei sa meglio di noi non essere altro che una forte richiesta di attenzione e di ascolto da parte del bambino, ne è testimonianza.

Ci sembra allora che, come l'abuso del Ritalin, il ricorso alla fecondazione artifciale rappresenti una falsa soluzione al problema. Falsa nel senso che si propone di curare i sintomi e non le cause del fenomeno. Soluzione, come per il Ritalin, "reazionaria" nel senso letterale del termine, del tutto in sintonia coi corposi interessi delle multinazionali farmaceutiche, il cui obbiettivo non è certo la salute delle persone, ma piuttosto quello di nuovi mercati per nuovi profitti. La crescente medicalizzazione della vita, sotto nessun aspetto può essere considerata fattore di "progresso", come ben sapevano Ivan Illich e Michel Foucault, autori che credo conoscerà bene.

Nel suo caso, gent.ma On., c'è poi anche un altro elemento che ci turba. Lei è "Consigliere delegato alle politiche dell'handicap" della Provincia di Roma, carica di grande importanza e delicatezza; sul piano pratico in favore delle persone che di handicap sono portatrici, sul piano culturale per far crescere intorno a quelle problematiche la sensibilità dell'intera comunità, tale da non far sentire sole e abbandonate quelle famiglie. Ha riflettuto sul fatto che proprio quelle persone potrebbero sentirsi lese nella loro dignità di esseri umani viventi da questa sua presa di posizione? E che è difficile accettare che a sovrintendere ai loro problemi sia posta una persona favorevole a tecniche in forza delle quali alcune di loro non sarebbero neanche nate?

Non la stiamo accusando, ci creda, di essere favorevole a pratiche eugeniche (che pure sono implicite nelle tecniche di fecondazione artificiale e meriterebbero un approfondimento vero, oltre le infuocate polemiche di questi giorni). Stiamo solo cercando di attirare la Sua attenzione sul fatto che mentre si auspica la soluzione del problema alla sua radice, programmando la non nascita di bambini portatori di handicap, automaticamente si svaluta la vita dei portatori già viventi, e li si fa sentire ancora più emarginati e "sbagliati".

Sinceramente non ci sembra un bel risultato per il Consigliere delegato alle politiche sull' handicap, il cui obbiettivo dovrebbe essere quello, al contrario, di favorire l'integrazione nel circuito sociale dei suoi "assistiti".

Capiamo bene il desiderio naturale di ogni coppia di dar vita a figli sani, ma ci permetta di dirLe che ognuno dovrebbe giocare nel suo ruolo, ed il suo avrebbe dovuto suggerirLe almeno la saggezza del silenzio.

Distinti saluti,
per l' A.C. Maschiselvatici

Armando Ermini, c.r. www.maschiselvatici.it

[08 giugno 2005]