Invitate chi è per strada
Caro Paolo ritengo il tuo libro “IL segno del Padre. Nel destino dei figli e della comunità" edito a dicembre 2005 dalla casa editrice Moretti & Vitali, il passaggio fondamentale attraverso cui il pensiero laico torna a disvelare e riaffermare l'elemento costitutivo di strutturazione del linguaggio, della psiche, dello spirito e dell'esperienza: la categoria e la dimensione, che io definisco ontologica, del concetto e dell'esperienza di padre e di paternità. In questi decenni si è assistito in ambito laico alla liquidazione teorica, e pratica, del padre: forse, fra le tante cause anche perchè i grandi padri, teorici della speranza delle masse, hanno tradito il sogno della liberazione e della salvezza sulla Terra. Ma liquidare il padre e suicidarsi sono la stessa cosa, e la cultura laica si è suicidata ed è diventata, non è un caso, non-pensiero.
Dicevo libro fondamentale il tuo, perchè non c'è cultura laica, non c'è esperienza laica, non c'è storia laica senza il segreto agire e il chiaro riconoscere, del padre. Dunque non solo Jung aveva sottovalutato il ruolo del padre, ma si può dire che da sempre, finchè non lo si è cacciato, non ci si è accorti della sua funzione indispensabile. Tant'è che, oggi, il pensiero laico, che si è permesso il lusso di rimuoverlo, non ha spessore e non ha voce e non ha forza, e il tuo libro indica per la prima volta in assoluto il male che lo affligge. Non solo; il pensiero laico è debolissimo di fronte alla cultura che invece, ancorchè con mille recenti perplessità, ha comunque tenuto fermo, il proprio padre, e cioè la cultura religiosa. A questo proposito doppiamente importante il tuo libro perchè non solo nomina e alza il picchetto portante della tenda dello spirito laico, ovvero ripropone con l'affermazione fortissima del carattere archetipico del padre, appunto il padre come fondamento stesso di ogni cultura e pensabilità del reale. E in tal modo sblocca anche questa terribile impasse, questo vero e proprio complesso di castrazione edipica di massa che ha reso impotente il mondo laico che non ha trovato niente di meglio che tornare regressivamente sulle ginocchia della Grandemadre. E fa quindi un'operazione terapeutica di massa in ambito laico. A mio avviso, terribilmente dice anche ai credenti che il Padre celeste esiste anche laicamente nella Sua dimensione metafisica, ovvero archetipica e che il monopolio di questo ancoraggio costitutivo del pensare e dell'esperire, non è più loro monopolio: da oggi in poi, se per assurdo, i credenti pentiti della relazione di Cristo col Padre avessero la meglio nella definizione delle verità della fede cattolica e cristiana, come già è in parte successo in campo protestante, ebbene proprio in campo laico il Padre nella sua presenza metastorica e metafisica trova comunque una fortissima affermazione e riconoscimento! In parole semplici, i fautori della negazione della paternità di Dio, corrono il rischio di un micidiale contrappasso: chi non crede alla rivelazione del Cristo sulla paternità di Dio al solo scopo di compiacere il pensiero laico, si ritrova senza più l'autorevolezza che gli deriva dal credere nel Padre, rifiutato per assecondare proprio chi, ora, lo riafferma come colonna, struttura portante del proprio pensare ed esperire! Devo dirti che sento una grande riconoscenza per questa "salvezza" del Padre in ambito laico: chi mai in ambito di fede imbocchi la strada della autodistruzione rinnegando la rivelazione che Cristo fa della paternità di Dio, deve sapere che il Padre, in ambito laico è stato scoperto e riaffermato una volta per tutte come indistruttibile dimensione dello spirito. Credere nel Padre non è più solo atto di fede in ambito religioso, ma è adesione alla verità scientifica in ambito laico. Il Padre cacciato dagli uomini di fede trova dunque casa fra i non credenti, secondo i canoni di verità propri del pensiero laico e scientifico. "Gli invitati alle nozze non sono venuti, andate fuori per strada e chiamate al banchetto tutti quelli che incontrate per strada". Questo passo del Vangelo mi eccheggia nello spirito leggendo il tuo libro. Per chi ha occhi per vedere, il tuo è un libro che, per queste implicazioni, ha una sua implicita terribilità, ma anche una consolante certezza.
Cesare
[2 gennaio 2006]