La crisi morale dell'Antilingua

liverani

 

La società multicaotica
di Pier Giorgio Liverani

Edizioni Ares, www.ares.mi.it

recensione a cura di Antonello Vanni

Ma ormai un silenzio terribile cerca di coprire le grida senza voce, ma ugualmente strazianti, del popolo della provetta a cui è sottratto persino lo scorrere del tempo, la gioia dei giorni dell’attesa; o dell’altro popolo dei «rifiuti speciali ospedalieri», cui si nega perfino la meschina pietà di un nome spregiativo e una fossa comune, preferendo lasciare che su di essi infieriscano il linguaggio cinico della medicina ospedaliera e il fuoco crudele degli inceneritori. Una sordità senza pari si oppone a quel lamento, silenziatori di tutti i generi vengono adoperati per far tacere quella folla di parole che, flebili come sono, non hanno tuttavia bisogno, per farsi sentire, di un amplificatore tecnologico, essendo sufficiente la disponibilità del cuore…

È proprio per spezzare questo silenzio e risvegliare le coscienze, incapaci di sentire i flebili gemiti della vita prima condotta sul patibolo e poi ridotta a spazzatura, che Pier Giorgio Liverani, opinionista di Avvenire e condirettore di Sì alla Vita, mensile del Movimento per la Vita Italiano (www.mpv.org), presenta il suo nuovo libro “La società multicaotica” (Ares Ed.). L’autore, che tasta il polso dell’atteggiamento della nostra società nei confronti della cultura abortista da almeno trent’anni — cioè a partire dal libro Aborto anno uno. Fatti e misfatti della legge 194 (Ares, 19812), sua testimonianza del meschino e spesso menzognero dibattito che permise, con la legge 194 sull’aborto, l’introduzione dell’omicidio legittimato di bambini nel seno materno — si propone, in questa pubblicazione, di fare un nuovo punto della situazione a riguardo offrendo, soprattutto a quel 62 per cento di giovani italiani non favorevoli all’aborto (Eurispes) e desiderosi di scrollarsi di dosso al più presto tale terribile eredità lasciata loro sulle spalle, utili strumenti di analisi delle cause storiche e culturali che hanno condotto a una vera e propria confusione antropologica, etica e giuridica in cui, con la scusa del pluralismo etico (ma «molte etiche non portano ad alcuna etica, anzi istituiscono un caos etico», segnala Liverani), si sono aperte le porte di accesso verso un abisso (come direbbe Hans Jonas), in cui si consumano i più efferati crimini contro l’uomo, soprattutto se è debole o indifeso. Sulla scorta di un documentato archivio (dagli articoli di giornale agli atti di convegni sul tema del diritto alla vita, dall’analisi dei testi di legge alle sentenze della Corte Costituzionale) l’autore snida, colpo dopo colpo, i luoghi in cui «una vera guerra si combatte tra questo popolo inerme e invisibile che dispone soltanto di aneliti e l’esercito dei sordi che non vuole sentire, che nega dignità, umanità, perfino esistenza a un nemico, che più amico non potrebbe essere» (p. 212), e si spinge fino ad auspicare che l’inquietudine rimossa, che turba tutti coloro che sentono l’urgenza di una più vigorosa e attenta definizione dei concetti che riguardano la tutela della dignità e della vita della persona umana, possa finalmente esplodere (p. 285) suscitando una nuova capacità di presa di posizione contro quell’esercito «armato di ferri e armi chimiche che non percepisce echi di eternità, che non intende il linguaggio della speranza e dell’amore, che conosce solo le parole del possesso, in mezzo a cui nessuno fa posto al “tu”, all’”altro”, all’”accoglienza”» (p. 212). Di grande importanza è la riedizione aggiornata, in coda al testo (ma in realtà si tratta di quasi cento pagine fondamentali), del “Dizionario dell’Antilingua. Le parole dette per non dire quello che si ha paura di dire”. Il Dizionario, che il giornalista alimenta continuamente nella rubrica “Controstampa” in Avvenire e nel “Diario” di Sì alla Vita), raccoglie e analizza, svelandone la portata mortifera e ideologica, tutti quei termini o quelle locuzioni ambigue, provenienti da categorie e discipline diverse come la medicina, la tecnologia, la politica, il femminismo, il giornalismo e la cultura laica in genere, che hanno avuto e hanno tuttoggi un unico obiettivo: evitare di dire la verità per «distogliere lo sguardo dal fatto che è in gioco il diritto all’esistenza di una concreta persona umana» (p. 277) e condurla, senza suscitare imbarazzo o almeno pietà, sul patibolo. È con l’Antilingua che sono comparsi parole avvelenate e modi di dire come: aborto legale, autodeterminazione, diritti civili, diritto di aborto, pre-embrione, I.V.G, libertà di scelta, politicamente corretto, riduzione embrionale, scelta sacrosanta… Ma questa manipolazione linguistica, che ha avuto e ha i suoi precedenti nel sistema di potere dei regimi totalitari, non è bastata per sostenere quel disprezzo del vivente, quel rifiuto e quell’indifferenza nei confronti degli abusi contro la vita che caratterizzano la cultura della morte. L’Antilingua non solo si è impegnata nella “fabbricazione” di parole asettiche, vaghe e sfuggenti, ma ha trovato il suo maggiore punto di forza nel privare di identità la vita e portarla più facilmente sul luogo della sua esecuzione: per questo, nella legge sull’aborto, sono state fatte scomparire le parole vere, capaci di suscitare il giusto timore, come figlio, bambino, piccolo, madre, mamma, papà, famiglia, genitori. È rimasta presente solo una formula (non priva di una sua logica perversa e invalidante secondo Liverani), quella di “padre del concepito”, che ai tempi del dibattito sulla legittimazione dell’aborto affiancava quella non meno svalutante di “padre dello zigote”, usata dall’on. Pannella, e che era servita per evidenziare solo l’aspetto meccanico e funzionale (o di colpevolezza) di una relazione, quella tra padre e figlio, che ha ben altra profondità simbolica.
Affinare gli strumenti di osservazione, osservare il dibattito con lenti capaci di evidenziare le cause della crisi morale che ha accompagnato il genocidio di oltre 4 milioni di bambini in Italia dal 1978 e intende favorire ulteriori violenze (a partire dalle richieste che sono state sollevate nel recente referendum sulla legge 40/2004), riflettere per trovare i percorsi necessari a favorire il rispetto della vita, il bene della famiglia e la decisione della comunità verso un riconosciuto (e riconoscibile) bene comune: questi sono gli inviti rivolti dal saggio di Liverani a tutti coloro che, nel desiderio condiviso di un intervento di Dio davanti al disprezzo dei potenti contro la vita (cfr. la catechesi “La fiducia del popolo è nel Signore”, tenuta da Benedetto XVI il 15 giugno 2004), vogliono impegnarsi per ridare un volto umano a quel bambino, a quella madre e a quel padre, condotti al martirio dalla nuova antropologia senza umanità imposta dalla società multicaotica.

[29 giugno 2005]