Non è un paese per vecchi

di Cormac McCarthy

Einaudi 2006

Recensione a cura di Armando Ermini

Ai confini fra Texas e Messico si intrecciano più cacce all’uomo. Quella dell’assassino psicopatico Anton Chigurh verso Moss, un reduce dal Vietnam che si è appropriato di una montagna di dollari derivanti dal narcotraffico , trovati casualmente, e quelle dell’anziano sceriffo Bell, impegnato a scovare Moss per salvarlo dallo psicopatico e contemporaneamente a dare la caccia allo stesso.

McCarthy organizza il romanzo su due piani ben distinti, anche fisicamente. La descrizione scabra, essenziale di fatti, di azioni e dialoghi dei protagonisti da una parte, e i pensieri, i sentimenti, le riflessioni dello sceriffo Bell dall’altra, con una struttura narrativa funzionale a sottolineare l’irriducibile diversità e l’impossibilità a comunicare di due mondi opposti.
La società in cui imperversa la violenza più cieca e feroce, praticata con scontata naturalezza quasi fosse ovvio uccidere chi diventa anche inconsapevolmente ostacolo ai propri progetti, ed il mondo dell’anziano uomo di legge. Un mondo nient’affatto idealizzato e innocente, ma che anche nelle bassezze di cui la vita è intessuta, sa conservare i propri codici e i propri valori individuali e comunitari. E soprattutto sa che è possibile ricercare e distinguere verità e menzogna, nel singolo come nella comunità, a partire dalle cose più semplici e essenziali, senza troppe elucubrazioni intellettuali.
McCarthy non si fa vincere dalla tentazione di analisi sociologiche aperte o dissimulate. Semplicemente osserva e prende atto delle cose come sono, sapendo che poco si potrà fare per cambiarle ma rifiutandosi di adeguarsi. Il mondo di Bell, quello per cui credo che non si possa fare questo lavoro senza una moglie. E una moglie abbastanza insolita, a ben pensarci, sta sparendo, ed il nuovo sarà peggiore, anche se la gente non si rende bene conto che alla fine tutto si tiene. …il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando.
Lo sceriffo Bell è “naturalmente” conservatore, anche in politica. E’ infastidito dai saccenti che pontificano sulle malefatte dei governi di destra, ma sembra sapere molto bene che il mondo come sarà non dipende dalla destra o dalla sinistra, almeno in gran parte. Ad uno dei saccenti, una signora vicina di posto ad una conferenza, che alla fine di una filippica dichiara: Non mi piace la direzione in cui sta andando questo paese. Voglio che mia nipote sia libera di abortire, risponde in modo disarmante: …Guardi signora, secondo me non si deve preoccupare della direzione in cui va il paese. Per come la vedo io, non c’è il minimo dubbio che sua nipote potrà abortire. Anzi le dirò, non solo sarà libera di abortire, ma sarà libera anche di mandarla al Creatore.
Eppure, ci dice Mc Carthy, fare le cose che devono essere fatte per una sorta di promessa dentro il cuore, vale la pena. Perché il mondo è destinato a cambiare intorno a noi, ma l’abbeveratoio di pietra scolpito con tanta pazienza dall’anonimo scalpellino sarà sempre al suo posto, anche dopo diecimila anni. E poi non siamo soli. C’è con noi il padre che una volta comparve in un sogno dello sceriffo. Cavalcava silenzioso, in una notte gelida e buia, tenendo in mano una fiaccola. Il figlio sa che stava andando avanti per accendere un fuoco da qualche parte in mezzo a tutto quel buio e quel freddo, e che quando ci sarei arrivato l’avrei trovato ad aspettarmi.

[13 luglio 2007]