Il (vero) segreto di Vera Drake - ovvero: i giovani contro l’aborto

di Antonello Vanni , autore del libro "Il padre e la vita nascente. Una proposta alla coscienza cristiana in favore della vita e della famiglia" (Nastro Editore, 2004). Tutte le indicazioni in http://digilander.libero.it/orizzontevita/il_padre_e_la_vita_nascente.htm , disponibile nelle principali librerie cattoliche di Milano e Varese, ordinabile on line all'editore Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

A volte, uscendo da un cinema si ha l’impressione di restare a bocca asciutta e di dover attendere almeno la mattina seguente per capire meglio il film che si è appena finito di vedere. È il caso di alcuni spettatori della pellicola Il segreto di Vera Drake (di Mike Leigh, Simon Channing-Williams, UK, 2004, con Imelda Staunton, Phil Davis e Peter Wight) che, alzandosi dalla poltrona della sala, hanno subito l’impressione che il titolo del film (nell’originale inglese Vera Drake) non avrebbe dovuto essere tradotto al singolare ma al plurale cioè “I segreti di Vera Drake”: segreti che li attenderanno al risveglio come amari frammenti di una verità che la Drake non ha detto. Il primo frammento riguarda una strana sensazione che attraversa gli spettatori più giovani: per quale motivo, e con quali conseguenze, la civiltà umana è passata da una visione antropologica e giuridica che, tutelando la vita, vietava e puniva l’aborto ad una posizione di cecità (quella attuale) in cui l’uccisione di un bambino è consentita, depenalizzata e oltretutto assistita a carico dello stato?
(su questa domanda cfr. M. Palmaro, Se questo è un uomo. Indagine storica politica etica giuridica sul concepito, San Paolo, 1996).
Naturalmente Vera avrebbe una risposta pronta per questa domanda: “aiutare le povere ragazze in difficoltà”: stuprate, con famiglie troppo numerose, impossibilitate a pagare cliniche costose, messe nei guai durante l’assenza del marito…insomma i motivi addotti a partire proprio da quegli anni per propagandare l’aborto in Europa. Se queste giustificazioni a favore di tale crimine erano ben accolte in una grigia Londra degli anni ’50 (l’aborto fu poi introdotto nel 1968) ora esse non persuadono più nessuno e le lacrime di Vera non possono essere prese troppo seriamente, anche perché non trovano più, ad esempio in Italia, sufficienti riferimenti e punti d’appoggio: in l’Italia, uno dei paesi con il più basso tasso di fertilità del mondo (in cui cioè anziché dei problemi demografici ci si dovrebbe occupare del contrario) perché si deve ancora ricorrere all’aborto?
(su questo cfr. F. Agnoli, Storia dell’aborto nel mondo, www.edizionisegno.it , 2004).
E poi: tiene ancora la giustificazione dello stupro o del concepimento indesiderato a seguito di una relazione extraconiugale? Non pare: come dice anche la recente Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (28/10/2004) “le donne che ricorrono all’aborto legale in Italia sono in prevalenza coniugate”. Ci lascia perplessi poi la giustificazione della “povertà” in quanto in Italia le donne che hanno praticato l’aborto nel 2002 sono state in numero sostanziale donne che lavorano (il 45.1 per cento rispetto al 14.5 delle disoccupate e al 28.2 delle casalinghe). Non convince più neppure la problematica relativa all’appartenenza a ceti sociali svantaggiati o caratterizzati da un basso livello di cultura: in Italia l’aborto è praticato da chi ha un livello medio di cultura (47.1 per cento licenza media e 40.3 licenza superiore). Come se non bastasse, allo spettatore, soprattutto se uomo, si presenta un ulteriore amaro frammento di verità: è mai possibile che “essere uomini” significhi provocare un tale disastro da spingere tante donne a ricorrere al discutibile “sapere” di amabili e gentili personalità come quella di Vera Drake? Eppure la stramaggioranza degli uomini in sala non si ricorda di aver commesso stupri né di essersela squagliata dopo una notte d’amore. Torna allora improvvisamente il ricordo di quel 1978 in cui una legge (la 194) ha stabilito che il padre deve rimanere escluso da ogni decisione riguardante la vita del figlio e non può (né deve) dire una parola per salvarlo dal destino di morte che lo attende: al padre cioè succede quello che accade al ragazzo di una delle “poverette” aiutate da Vera: una porta sbattuta in faccia mentre la nostra domestica se ne va frettolosamente con i suoi vili strumenti e la vita di un figlio alla cui origine si è contribuito.
(sull’effetto diseducativo di questo atteggiamento della legge 194 nei confronti dei giovani e futuri padri si veda A. Vanni, Il padre e la vita nascente. Una proposta alla coscienza cristiana in favore della vita e della famiglia, Nastro Ediz., info in http://digilander.libero.it/orizzontevita/il_padre_e_la_vita_nascente.htm, disponibile nelle librerie cattoliche di Varese e Milano e ordinabile on line scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ; si veda inoltre la proposta di una modifica della legge 194 a favore della vita e della paternità nel Documento per il padre in http://www.claudio-rise.it/comunicato.htm).
Mentre, infine, lo spettatore cerca di ricomporre in un’unica cornice l’inquietante realtà che gli si presenta, arriva però l’ultimo e più indigesto boccone: tanta pietà per la povera Vera e tanta comprensione per le “ragazze in difficoltà” ma…e i bambini uccisi? E cioè: chi solleva la sua voce di sdegno e compassione per gli oltre 4 milioni di bambini scomparsi dal 1978 fino al 2002 con il timbro della legge 194, ai quali si aggiungono i 132 mila e 795 del 2003, fatti a pezzi con strumenti ancora più biechi di quelli di Vera, in quanto legittimati da un pezzo di carta portante oltretutto il titolo ironico di “Norme per la tutela sociale della maternità”?
(cfr. P. G. Liverani, Dizionario dell’Antilingua. Le parole dette per non dire quello che si ha paura di dire, Ares Ed., 1993).
Sono in pochi, nella vicenda di Vera, ad esprimere il dolore per i corpicini straziati: la stessa corte giudicante, durante il processo, si preoccupa solo del fatto che la buona domestica ha messo a repentaglio la vita di una delle ragazze aiutate, finita in ospedale per le complicazioni. Sarà invece il figlio di Vera, Sid, incapace di perdonare la madre, a pronunciare le parole: “Ma sono dei bambini piccoli!”; parole di sdegno che suo padre, spingendolo ad assolvere la madre, gli rinfaccerà come incapacità giovanile di accettare la realtà in tutte le sue sfumature: “I giovani son fatti così: sanno guardare le cose solo in bianco e nero”.
Ma il nostro spettatore ormai, grazie alle parole di Sid, ha capito: in un mondo che ha perso completamente di vista la capacità di rispettare in modo incondizionato la vita umana, è meglio tornare a vedere le cose come sono, con chiarezza (anche se solo a due colori). Ed è quello che cominciano a capire tutti i giovani che come Sid guardano il mondo con innocenza e osano pensare: “Ma sono bambini, sono esseri umani!” E questa consapevolezza i giovani la stanno finalmente esprimendo, ribellandosi alla strage degli innocenti che quotidianamente avviene nel silenzio e nell’indifferenza. Non è un caso ad esempio il manifesto di modifica della legge 194 proposto dai Giovani del Movimento per la Vita (vedi www.mpv.org) così come è “un caso serio del cambiamento dei tempi” il fatto che gli adolescenti non favorevoli all’aborto iniziano ad essere almeno il 62 per cento (secondo un recente sondaggio dell’Eurispes). È questo nuovo e atteso orizzonte giovanile in cambiamento il “vero segreto”: un segreto che si sta lentamente, ma con vigore, svelando: in favore della vita.