La quercia

Un amico, davanti alla sua azienda in campagna, ha un largo piazzale dove però si praticava parcheggio selvaggio. Allora ha pensato di costruirci una rotonda in mezzo e di porvi una giovane quercia. Un’operazione semplice che senza alcun tipo di istruzione o di segnalazione ha risolto ogni problema.

La presenza simbolica del cerchio, e quella viva e verticale dell’albero, mettono in azione forze naturali che hanno il potere di ordinare la realtà, rispondendo ad un problema reale: ripristinare, appunto, l’ordine dello spazio e del movimento.

Che si tratti dell’ausilio nell’affrontare il deserto dei nostri parcheggi, realtà anonima e orizzontale, oppure il deserto del venir meno della nostra vitalità o della tensione verso la nostra autenticità, o ancora il farsi vicino di un senso di nulla, o di caos e confusione nel nostro muoverci quotidiano, la natura e il simbolo possiedono e trasmettono una forza vivente all’uomo, interagiscono in modo di solito positivo con la sua vita e le sue attività. Da sempre la quercia, nel suo essere appunto natura e simbolo, richiama questa forza e ha funzioni, in questo caso importanti per chi è alla ricerca della virilità autentica, che sono sottolineate e approfondite dalle seguenti parole di Claudio Risé:

“La quercia [1], che attira i fulmini più di ogni altro albero, è uno strumento di comunicazione tra la terra e il cielo. E’ per questo che l’interpretazione dello stormire dei suoi rami mossi dal vento è uno dei modi di divinazione più antichi; e che alla Sibilla Cumana, la grande profetessa visionaria della Magna Grecia, veniva offerto il “ramo d’oro“ di quercia coperto di vischio. Allah, Jahveh, Zeus, il nordico Thor, lo stesso Cristo (di quercia era la croce): le loro storie sono tutte passate per la quercia. Sotto la quercia venivano fatte le leggi, firmate le paci e le guerre, decise sentenze, eseguiti sacrifici [2]. Per non sprofondare nella terra [3], quando vieni ferito nella tua forza fallica, è necessaria una forza maschile, naturale che ti sorregga: come la quercia appunto. Ma insieme è indispensabile un protettore-iniziatore, un altro tipo di forza maschile, attiva questa volta nella cultura collettiva, che ti dia ali per volare e risorgere; salire verso il tuo pieno sviluppo.”

 

Ma anche la Scrittura ha ben delineato questi aspetti:

Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero.”Gen 18, 1-4

Icona della Trinità – di A. Rublev
Questa icona prende ispirazione dal passo del Genesi citato (Gen 18, 1-16) e riproduce appunto una quercia al di sopra delle tre figure.

 E anche la letteratura “selvatica” del ‘900 ne ha parlato: ad esempio, delle querce, Rigoni Stern dice: "Per le loro qualità e per la loro maestà le querce erano venerate dagli uomini sin dai primordi della civiltà: erano "l'Albero", e le loro foreste più belle consacrate alle divinità e per questo intangibili […] .furono anche le prime chiese perchè sotto di esse si radunava il popolo per porgere preghiere alle divinità, ma anche a fare diete e assemblee, ad apprendere la sapienza degli anziani." [4]

 

[1] Tratto da “Essere uomini”, di Claudio Risé, Red Edizioni, 2000, p. 48-49, http://www.claudio-rise.it/essere_uomini/essere_uomini.htm

[2] L’unione tra il vischio e la quercia simboleggia l’intera corsa del sole dal suo momento più basso, appunto il solstizio d’inverno, al suo culmine nel solstizio d’estate, e ritorno. La quercia governa la fase crescente dell’anno. Il suo mese va dall’11 Giugno al 9 Luglio.

[3] Lo sprofondare nella terra vuole anche dire l’appiattimento e l’indifferenza del vivere, il soccombere alla gravità, e quindi il presentarsi del caos (ndr).

[4] In “Arboreto salvatico”, Mario Rigoni Stern, Einaudi, 1996, p. 62-63.

[12 giugno 2008]