Germania: punto di svolta nella coscienza maschile contemporanea

Su “Il Foglio” di venerdì 13 febbraio 2009, in seconda pagina, Andrea Affaticati firma un articolo dal titolo: “Storia di otto tedeschi che rivendicano la paternità sui loro figli mai nati”.

Dell’articolo riporto liberamente alcuni passi a mio avviso essenziali e che mi hanno particolarmente colpito. Dice in sintesi il testo che il 6 giugno 1971 il settimanale “Stern” uscì in copertina con i volti di trenta delle 374 donne che all’epoca si pronunciarono pubblicamente dichiarando di avere abortito. Con questo gesto crearono le condizioni per l’entrata in vigore otto anni dopo in Germania della legge che rende libero l’aborto entro i primi tre mesi. Il periodico tedesco “Die Zeit” oggi, 38 anni dopo, è dalla parte degli uomini. E precisamente dà voce ai compagni di alcune di quelle donne, i padri mancati che oggi rispondono al pubblico grido “Abbiamo abortito!” delle loro compagne di allora, con un drammatico “Anche noi!”. Un grido, sottolinea l’articolo de “Il Foglio”, altrettanto risoluto e con una carica non meno esplosiva. “Quel “anche noi” suona come una vibrata protesta, una richiesta di essere finalmente ascoltati”.. perché si abbandoni “una volta per sempre lo stereotipo che vuole l’uomo meno coinvolto, meno colpito, meno emotivamente segnato dalla decisione di non dare alla luce un bambino”. “Ed è proprio l’esclusione vissuta da questi otto uomini in modo traumatico ad averli spinti, tra l’altro a confessarsi pubblicamente” E’ l’esclusione subita per legge dalla decisione circa il destino di vita o di morte del proprio bambino il loro attuale tormento. “C’è addirittura uno di loro, Volker Gitt, 40 anni, commerciante, che è ricorso alla denuncia: “ Io ero felicissimo, lei invece il bimbo non lo voleva. Siamo andati insieme al consultorio. Lì mi è stato fatto capire, gentilmente, che la presenza del padre non era prevista. Ha deciso tutto lei insieme al medico. Io preso dalla disperazione ho denunciato lei e il medico. Inutilmente”. Stesso racconto e stessa conclusione degli altri uomini fra cui Lars Ultrich Schlotthaus, 45 anni, designer che sottolinea: “ ..la risposta più cretina che ho dato a mia moglie quando ha espresso i suoi dubbi se tenere o meno il bambino è stata: è una decisione che in ultima istanza spetta a te. Oggi sono convinto che gli uomini debbano avere il diritto riconosciutogli dalla legge di poter dire la loro al riguardo”.
Quanto riportato dall’articolo di Andrea Affaticati segna una svolta a mio avviso epocale nella coscienza maschile contemporanea: otto padri dopo decenni si fanno pubblicamente sentire e rivendicano e piangono i figli abortiti dalle loro compagne ( anche con il proprio consenso). Die Zeit solleva finalmente ciò che viene follemente negato in primis proprio dai maschi: il fortissimo coinvolgente legame di paternità verso il figlio concepito. Da oggi anche la percezione pubblica della coscienza maschile in tema di aborto è cambiata e cambierà per tutti: per i padri, per gli uomini, il concepito non è “cosa” da e di donne, è una persona in relazione fin da subito con loro stessi, padri e uomini, oltre che con la madre e la donna. La legge deve tenerne conto. Altri uomini usciranno dalla follia di accettare di essere irresponsabili e irrilevanti per legge di fronte alla relazione con i propri figli concepiti, alla loro vita e alla loro morte. Avranno il coraggio di esprimere il proprio dolore per i figli abortiti dalle loro compagne, spesso anche per propria scelta e comunque per consapevole o passiva accettazione di una legislazione folle ed iniqua.

[16 febbraio 2009]