La misericordia del padre e il figliol prodigo

guercino

"Il figliol prodigo" del Guercino

a cura di Marcello Menna

 

Dal Vangelo secondo Luca (capitolo15, versetti 11-32)

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
«Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
«Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Il ritorno del figlio prodigo, di Murillo

 

«…al centro della coscienza del figliol prodigo, emerge il senso della dignità perduta, di quella dignità che scaturisce dal rapporto del figlio col padre. Ed è con tale decisione che egli si mette per strada.(…)
Il padre del figliol prodigo è fedele alla sua paternità, fedele a quell'amore che da sempre elargiva al proprio figlio. Tale fedeltà si esprime nella parabola non soltanto con la prontezza immediata nell'accoglierlo in casa, quando ritorna dopo aver sperperato il patrimonio: essa si esprime ancor più pienamente con quella gioia, con quella festosità cosi generosa nei confronti del dissipatore dopo il ritorno, che è tale da suscitare l'opposizione e l'invidia del fratello maggiore, il quale non si era mai allontanato dal padre e non ne aveva abbandonato la casa. La fedeltà a se stesso da parte del padre (…) viene al tempo stesso espressa in modo particolarmente carico di affetto. Leggiamo infatti che, quando il padre vide il figliol prodigo tornare a casa, «commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Egli agisce certamente sotto l'influsso di un profondo affetto, e così può essere spiegata anche la sua generosità verso il figlio, quella generosità che tanto indigna il fratello maggiore. Tuttavia, le cause di quella commozione vanno ricercate più in profondità. Ecco, il padre è consapevole che è stato salvato un bene fondamentale: il bene dell'umanità del suo figlio. Sebbene questi abbia sperperato il patrimonio, è però salva la sua umanità. Anzi, essa è stata in qualche modo ritrovata. Lo dicono le parole che il padre rivolge al figlio maggiore: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». (…) La fedeltà del padre a se stesso è totalmente incentrata sull'umanità del figlio perduto, sulla sua dignità. Così si spiega soprattutto la gioiosa commozione al momento del suo ritorno a casa.
Proseguendo, si può dunque dire che l'amore verso il figlio, L'amore che scaturisce dall'essenza stessa della paternità, obbliga in un certo senso il padre ad aver sollecitudine della dignità del figlio.»

(Giovanni Paolo II, Lettera enciclica “Dives in misericordia”, paragrafo IV)

«Nel famoso quadro di Rembrandt, il figliol prodigo è lo specchio del Padre. Il volto del Padre è pieno di dolore per l’errore del figlio, per la sua negazione, pieno di un dolore che rifluisce tutto in perdono. E fin qui l’umano riesce ad arrivare. Ma la cosa più spettacolosa e misteriosa è che la faccia del Padre è lo specchio del figliol prodigo. Nel quadro di Rembrandt, il Padre è in una posizione speculare rispetto al figlio: in lui si riverbera il dolore del figlio, e perciò la disperazione salvata, la distruzione impedita, la felicità che sta per riaccendersi, nell’istante in cui sta per riaccendersi, dove trionfa la bontà. Trionfa la bontà nel figliol prodigo, perché piange per l’errore fatto. Ma trionfa la bontà nel Padre: questo è il concetto di misericordia, che l’uomo non può arrivare a comprendere, a dire. Il volto del Padre è lo specchio del figlio. E il volto del Padre è misericordia, perché è pietà verso colui che ha sbagliato ed è lì rivolto verso colui che ritorna.»

(don Giussani)

«Essere Padre significa aspettare. Il Padre aspetta il Figlio e lo custodisce. Lui è sempre presente nel Figlio, il Figlio sa che c'è qualcuno che lo aspetta.»

(Stanislaw Grygiel, commentando “Il figliol prodigo” di Rembrandt)

«Protagonista assoluto è il padre che accoglie tra le sue braccia il lacero giovane, la cui miseria è totalmente assorbita in quell’abbraccio. La luce inonda il volto del vecchio che tiene gli occhi abbassati: un dettaglio che rende come non mai la tensione emotiva del momento.
In questo semplice gesto e nelle mani che quasi affondano nelle spalle del figlio si legge tutto il dolore redento del giovane il cui volto si perde affondando nelle vesti paterne e il cui dramma si legge perciò soltanto sul viso del padre. Per raffigurare questo gruppo Rembrandt si rifece curiosamente a un’incisione di qualche decennio precedente. In essa egli ritraeva in posizione quasi analoga san Pietro che risana lo storpio, accovacciato ai suoi piedi come il figlio nel dipinto di San Pietroburgo. La misericordia del padre doveva dunque sembrare al vecchio Rembrandt un vero miracolo. Ridotto in miseria, perduti la moglie, l’amata compagna, e anche il figlio, egli, che un tempo si era pensato e ritratto come il giovane che si dà alla bella vita sperperando gli averi familiari, doveva ora sentire come non mai il dolore e la gioia di un padre che finalmente ritrova il figlio perduto, e il bisogno di un abbraccio come quello della parabola evangelica.
Nel buio della sua stanza Rembrandt chiuse dunque gli occhi avendo davanti la speranza di questa misericordia.»

di Cristina Terzaghi, “Il volto del padre”; dal periodico “Tracce”, 1/04/2001

«C’è Qualcuno che ci aspetta, così come è raccontato nella parabola del figliol prodigo; un Padre, ricco di bontà, ci aspetta; vuole stabilire con noi un rapporto di fraterna amicizia al di là delle nostre debolezze e delle nostre mancanze. Noi potremmo essere il figliol prodigo, quello più giovane che se n'era andato via dalla casa paterna. Forse anche noi a volte sentiamo di aver bisogno di ritornare alla casa del Padre. Potremmo essere anche il figlio maggiore della parabola, che mai si era allontanato dalla casa paterna; anch'egli aveva bisogno di conversione, perché non aveva capito chi era il Padre, non lo aveva riconosciuto. Il Padre cerca un rapporto vero con le persone; non era vero figlio quello che se ne era andato via perché aveva rotto il suo rapporto col Padre; ma non era vero figlio neanche quello che era rimasto in casa: faceva sempre il suo dovere, non aveva mancato in nulla; lo riconosce apertamente: «Io ho eseguito tutti i tuoi ordini». Ma non era riuscito a capire che la gioia stava proprio nel suo essere lì, con il Padre.»

Mons. Pietro Brollo