Magistratura e paternità: il paradosso della Cassazione

La Nazione del 23/10/2002, riporta una notizia dal titolo: “ I figli non sono suoi, dice il Dna. Ma per i giudici deve tenerseli”

 

Il Dna serve per condannare o assolvere un imputato di omicidio, per provare incontestabilmente la paternità e chiamare quindi il padre ad assolvere i suoi obblighi (Maratona docet), ma non può essere utilizzata al contrario, per dimostrare il tradimento della moglie e intentare azione di disconoscimento. Questo il senso della sentenza con cui la corte di Cassazione ha negato valore probatorio ai risultati dell’esame genetico sui figli, precludendo ad un palermitano la possibilità di disconoscerli. Nonostante lo stesso curatore dei minori avesse chiesto, nell’interesse dei ragazzi a conoscere il vero padre, che la domanda dell’uomo fosse accolta, la Corte ha negato al test del Dna anche il valore di indizio. Occorre cioè, secondo i giudici, che prima sia provato in altro modo l’adulterio e solo dopo si può acquisire la prova ematologica.
Mentre il 90% dei veri padri separati viene espropriato, con il sistematico affido alla madre, della possibilità di avere un rapporto continuo coi propri figli e viene sottoposto sistematicamente al ricatto della ex moglie, questa volta un non padre viene obbligato ad assumersi obblighi che non gli competono. L’articolo del giornale non lo dice, ma è evidente che quel non padre, dopo la separazione, dovrà corrispondere alla ex moglie traditrice l’assegno di mantenimento per i suoi non figli, ad essa affidati. La contraddizione sembra plateale, ma in realtà è conseguente ai concetti di paternità e di “interesse dei minori” oggi prevalenti. I padri servono solo come silenti procacciatori di denaro e qui si esaurisce la loro funzione. L’interesse dei minori sarebbe solo quello di essere mantenuti economicamente. Che i figli sappiano chi è il loro vero padre non importa, che aspirino a passare del tempo con lui non importa. Tanto a che serve? Basta qualcuno che li mantenga, li ami o no nulla cambia per loro, tanto il padre non conta. Che un uomo non sia il padre dei figli che portano il suo nome non importa, anche se, essendo la santità una prerogativa di pochi, difficilmente li amerà come figli suoi. Tanto l’amore paterno è così ininfluente che anche i padri veri vengono espropriati dei loro figli. Basta che paghino.
Tutto quindi si ricompone in un quadro unitario e quelle che sembravano contraddizioni spariscono nel deserto che avanza.