La società dei consumi produce follia (27.04.00)

Intervista data da Claudio Risé a Serena Zoli, pubblicata, riassunta, in: Depressione. Tutta colpa della libertà? Il Corriere della Sera, 17 marzo 2000.

D. E' vero che oggi le persone soffrono soprattutto di depressione?

R. La depressione é certo molto diffusa. Ma non è, nella maggior parte dei casi, un disagio a sé. Il male di oggi é la forma maniaco-depressiva, nella quale la depressione si alterna col suo opposto, la posizione "maniacale", l'euforia. La nostra é una società programmaticamente euforica, dove l'ottimismo è obbligato, e quando uno ha speso tutte le sue energie nell' "euforia", cade nella depressione.

D. Perché accade questo?

R. Perché viviamo in una società dove il valore centrale è la continua espansione del consumo. Ciò richiede la diffusione e il mantenimento di una posizione "euforica": solo attraverso quest'atteggiamento psicologico si può convincere la gente a spendere sempre di più, consumare sempre di più, lavorare sempre di più, in modo da essere in grado di consumare il richiesto. Anche il valore dato da questa società all'"immagine", appunto una caratteristica dell'atteggiamento "maniacale", a base narcisistica, è legato alla necessità di continuare a sviluppare i consumi. Se le masse non diventano maniache ed euforiche i consumi ristagnano, le borse non salgono, il sistema si ferma. Il sistema, per sopravvivere, crea l'euforia. E quindi, siccome l'euforia non può durare in eterno, come l' "high" del cocainomane (che in genere è appunto un maniaco-depresso), il sistema crea la depressione. Che è l'altra faccia dell'euforia maniacale.

D. E' vero che questo quadro clinico ha preso il posto della nevrosi, che è invece al centro dell'osservazione della psicanalisi ?

R. Oggi la gente sta molto peggio di quanto stessero i pur bizzarri pazienti del dottor Freud, nella Vienna del primo novecento. Quelli erano per lo più nevrotici, mentre il maniaco-depressivo è molto più vicino alla psicosi, cioé a ciò che viene comunemente chiamata follia. Oggi la maggior parte dei pazienti sono "borderline" cioè sulla soglia tra nevrosi e psicosi, ma con nuclei psicotici assai rilevanti.

D. Come mai questo declino della nevrosi?

R. Perché la nevrosi è legata all'inibizione di una pulsione, che viene "bloccata" da una norma. Al centro di questo meccanismo, nella visione freudiana, è la sofferenza edipica. Grande produttrice di nevrosi, ma anche salvagente dalla psicosi. Il figlio desidera la madre, come Edipo, ma non può averla; perché il padre, e la norma cheegli rappresenta, glielo impediscono. Su questa pulsione-desiderio vietata si organizza la sofferenza nevrotica. Ma nello stesso tempo, accettando la norma paterna, il figlio è salvaguardato dalla psicosi, dall'onnipotenza, dall'indistinto caratteristico dell'unione-simbiosi con la madre. La nevrosi, prodotta dall'inibizione, ti salva però dalla follia.

D. Oggi invece che succede?

R. Succede che l'onnipotenza, invece di essere inibita, smentita, è incoraggiata e celebrata, in quanto motore di quella maniacalità che è alla base della società dei consumi. Mentre invece il produttore di norme, cioè il padre,è stato bandito dalla società occidentale dagli anni '50 in poi. Anche fisicamente, oltre che simbolicamente. Negli Usa, che è il pesce pilota della società occidentale, negli ultimi vent'anni se ne é andato di casa il 40% dei padri neri, e oltre il 30% dei bianchi. Perchè licenziati nel violento processo di ristrutturazione industriale, o senza un lavoro stabile, o perché comunque non riuscivano più a reggere il cumulo delle responsabilità del marito/padre. E insieme il discredito da cui questa figura è colpita nella nostra società.

D. Questo cosa comporta?

R. Che si cresce senza un padre da combattere, cui contrapporsi, e finalmente da amare. Viene a mancare quell'allenamento dell'Io al conflitto con l'autorità, e domani, con la società. Un confronto che la società dei consumi non può accettare. Essa è apparentemente tollerante, ma in realtà profondamente totalitaria, perché accetta un solo comportamento e modo di essere, quello del consumo . E infatti ha creato un mondo di folli, euforici, onnipotenti, che non si confrontano mai con la società (non votano, non si impegnano, si divertono, o credono di farlo), perché si credono, appunto, onnipotenti. Si pensano liberi. Mentre sono in realtà schiavi. Liberi solo di fare ciò che è ad essi consentito. Cioè consumare. La personalità del cittadino della società dei consumi, il famoso "soggetto debole" e dal "pensiero debole", è fragilissima, in perenne oscillazione tra fantasia di onnipotenza, e depressione.

D. Come se ne può uscire?

R. Restituendo prestigio, e funzione sociale alla figura del padre, e al mondo simbolico e istintuale maschile, che il padre esprime.