Quote rosa e patenti di inadeguatezza

Su “Il giornale” di Venerdì 8 ottobre 2005, un trafiletto dal titolo “Quote rosa allo studio” ci avverte che “Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il vicepremier Gianfranco Fini, hanno affrontato ieri il tema delle cosiddette “quote rosa”, alla presenza del ministro per le Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo”.

Il breve testo continua annunciando un disegno di legge da votare a voto palese sull’alternanza tra maschi e femmine nella presenza nelle liste elettorali. Un ennesimo pasticciaccio confusissimo per legittimare ciò che non può essere né legittimato né chiarito: la discriminazione per sesso introdotta nelle leggi della repubblica italiana.
Non riesco a non sentirmi a disagio di fronte a questo tipo di politica: per il contenuto di recepimento nella legge di una discriminazione sessista e per l’assoluta mancanza di coinvolgimento democratico su una questione di questa portata. Lo stile e la sostanza della procedura decisionale, ricorda le forzature di tipo giacobino. In buona compagnia del resto con i politici che, perso il proletariato, cercano la classe oppressa non nei cittadini davvero disagiati ma opportunisticamente nel genere femminile. Sembra impossibile per i nostri politici resistere all’istinto cavalleresco che suggerisce: “prima le signore”. Che anime grandi! Ma qui si tratta della concezione liberale e democratica dello Stato di diritto, dove ogni individuo vale come tale e rappresenta tutti, contrapposta ad una concezione di rappresentanza “neocorporativa”, questa volta non di “mestiere” o “arte”, ma di genere. In questa logica, e dal momento che secondo alcuni i gender sono tanti quante sono le possibili scelte soggettive, perché non le quote riservate per i trans o i gay? Insomma, una persona vale come tale o per la sua appartenenza sessuale?
Una riflessione aggiuntiva per le donne che credono in queste “patenti di inadeguatezza” come via maestra per conquistare credibilità politica:
Questa pacca sul sedere che vogliono rifilarvi, è molto più offensiva di quella che un bel sedere di donna, con l'emozione che suscita, strappa ad un uomo. La prima è un elemosina, la seconda un segno di apprezzamento irresistibile, anche se sbagliato nel modo di esprimersi.
Questi maschi “cavallereschi” e queste donne “pari opportuniste” che nella generale indifferenza, si attivano per procurarvi delle “tessere di partecipazione politica per donne”, non vi stimano e non vi amano come già i maschi e le donne che vi hanno conquistato l’amarissimo “diritto all’aborto”. Lasciandovelo tutto intero sulla coscienza, sempre più pesante più il tempo passa. Così come vi resterà addosso, con la sua immagine devastante e immeritata, la “patente per quote rosa”.

Cesare

[18 ottobre 2005]