Più tempo con papà

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, novembre 2000

E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano

oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it 

 


Rappresenta la società, la norma. E un modello d’identità. Per il figlio maschio il rapporto con il padre è indispensabile. Sempre. Ma ancora di più quando i genitori sono separati.


«Sono un padre separato da poco tempo. I miei tre figli (un maschio di 13 anni, e due femmine, di 10 e 7 anni) vivono con la madre con cui ho mantenuto ottimi rapporti. In questi primi mesi di lontananza tutto è filato liscio. Ma ora il comportamento del primogenito mi impensierisce. Proprio lui, il più grande, che prima non perdeva occasione per provocarmi e criticarmi, adesso chiede insistentemente la mia presenza. Vuole che lo vada a prendere a scuola, e che lo tenga a dormire da me. Vorrebbe, insomma, un rapporto privilegiato rispetto alle sorelle più piccole. Ho cercato, d’intesa con mia moglie, di mantenere una posizione equanime e di non rompere in nessun modo l’unità del ‘gruppo’ dei figli. Ho preferito andare più spesso io da loro, aiutando il ragazzo, come le bambine del resto, nei compiti; ho cercato insomma di sostituire la mia mancanza per lui, con una presenza per tutti. Questo però non sembra soddisfare la sua “voglia di papà”. Infatti continua a lanciare proposte di un rapporto a due, esclusivo e diretto. Come posso fare per non perdere la sua fiducia?».

Andrea S., Bologna


Caro amico, il fatto è che i figli hanno ognuno personalità e quindi esigenze diverse. Non basta un accordo equo e una buona intesa tra i genitori separati per sistemare i problemi derivanti dalle loro diversità. Già le provocazioni e le critiche che suo figlio le rivolgeva prima della separazione indicavano un particolare bisogno nei suoi confronti. La provocazione e l’attacco sono un modo (non solo nei bambini) di guadagnarsi l’attenzione, lo sguardo e la presenza dell’altro. Questa richiesta particolarmente intensa, del resto, è del tutto naturale: per il preadolescente maschio il padre è anche il modello maschile, l’iniziatore al mondo degli uomini, oltre che il rappresentante della società, dell’autorità e della norma, ruolo quest’ultimo che svolge anche nei confronti delle bambine. L’allontanamento fisico, da casa, di un padre con il quale si stanno cominciando a fare i conti, fa cadere il ragazzo nell’angoscia di rimanere chiuso in un “mondo di sole donne”, nel quale sente messa a rischio la sua stessa identità di genere. Ecco perché il rapporto privilegiato che suo figlio le domanda, e di cui ha bisogno, non deve essere appiattito in un egualitarismo prefissato che creerebbe una situazione falsa perché le esigenze dei suoi tre figli sono veramente diverse.
Da questo punto di vista, anche l’accesso alla “casa del padre” ha un evidente significato iniziatico, di ingresso nel mondo maschile che non va negato. La separazione, rompendo o comunque modificando l’unità della coppia, crea nei figli, su questo non c’è alcun dubbio, una forte sofferenza e un grande senso di perdita. Contemporaneamente, però, soprattutto se avviene all’interno di un buon accordo umano e affettivo (come fortunatamente mi pare sia successo nella vostra famiglia), la divisione consente ai figli, maschi e femmine, di vedere in modo più nitido e definito il mondo del proprio ‘genere’, maschile e femminile. Consente quindi di svilupparne le possibilità in maniera più approfondita rispetto a chi rimane invece all’interno di coppie unite, ma anche relativamente indifferenziate, dove spesso è la madre a svolgere le funzioni paterne (qualche volta accade anche il contrario) con notevoli confusioni per lo sviluppo psicologico dei figli. Suo figlio le sta probabilmente dicendo questo: fai capire a tutti (anche a me) che io sono con te, che appartengo al tuo mondo. Credo che lei debba accontentare questa richiesta.

Claudio Risé

 

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