Il figlio di un altro

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, novembre 2000

E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano

oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it 

 


Una breve avventura. Una gravidanza inaspettata. E un marito disposto a perdonare il tradimento e a fare da padre al bambino.


«Mia moglie è incinta. Il padre, però, non sono io. E’ una specie di “passante” nella sua vita, un uomo con cui ha avuto una breve relazione. L’ha poi informato della gravidanza, di cui si è accorta dopo averlo lasciato, dicendo che comunque avrebbe provveduto lei, cosa di cui – sembra – lui si è dimostrato assai grato. Di questa avventura io ero al corrente: mia moglie me l’aveva confessata prima di accorgersi di essere incinta, rivelandomi un lato di sé che non conoscevo, ma anche un volto ‘stanco’ della nostra relazione di cui non mi ero accorto e che adesso mi dà molto fastidio. In ogni caso, questo figlio vorrei tenerlo, insieme all’altro che abbiamo già. Lo so che è irrazionale, ma mi sembra una promessa di vita anche per la nostra relazione, una sfida a cambiare e a crescere. Mia moglie è incerta: un’amica nella quale ha molta fiducia l’ha invitata ‘a non fare altri pasticci’, rimanendo con me, ma liberandosi del bambino. Io invece lo vorrei, ma non so se è giusto. E’ forse un segno di debolezza? Come uomo tradito, dovrei essere più vendicativo?».

Leo, Padova   


Caro amico, l’uomo in pace con sé stesso, e sicuro delle proprie capacità, è tutt’altro che vendicativo, ma generoso: coltiva il perdono con la stessa attenzione con cui il palestrato coltiva i suoi muscoli. Egli sa, infatti, che proprio nella capacità di rinnovarsi, di creare e di prendere ciò che la vita ci dà, dunque anche di perdonare, risiede la forza maschile, che consente di assumersi la responsabilità della vita che continua e si rinnova. L’uomo viene arricchito da tutto ciò che è capace di accogliere, amare, sostenere, compresa una moglie frastornata, ma resa anche più consapevole da un’avventura inconsistente e da un figlio concepito da un altro. L’uomo debole è invece instabile e avido come un bambino. E’ appunto ‘il passante’ nella vita delle donne degli altri, uno che vuole solo prendere e non si assume mai la responsabilità di nulla, rimanendo poi affettivamente e psicologicamente a mani vuote. E’ il personaggio così ben rappresentato nelle diverse versioni del Don Giovanni: un uomo spinto, più che dall’amore per le donne, dalla competizione con gli uomini e soprattutto dall’avversione per la figura centrale del mondo maschile: quella del padre. Il quale però, alla fine, in ogni versione del Don Giovanni, vince sempre e, in quanto padre di una figlia sedotta, lo uccide.
Ora, caro amico, la ricchezza della sua identità maschile viene confermata proprio, se mai ce ne fosse bisogno, dal suo desiderio di essere padre di un bimbo che ne è privo, e che in mancanza di un genitore che si prenda cura di lui rischia di non nascere affatto. Lei invece, da uomo, sente l’impulso di prendersi la responsabilità di quello che una volta veniva chiamato crudelmente “il figlio della colpa”, trasformandolo, con generosità maschile e paterna, in una promessa di vita e di rinnovamento. Una promessa anche per il vostro rapporto coniugale, che aveva perso vitalità, diventando stanco e distratto, fino a questo temporale rigeneratore.
Anche nelle grandi narrazioni simboliche alcune fra le figure più significative, come Mosé e Gesù, sono bimbi che vengono da un ‘altrove’ che è anche un altro padre. Accettando questa alterità, e rinunciando alla fantasia di possesso totale del figlio, il genitore favorisce lo sviluppo di una personalità aperta alla trasformazione e al rinnovamento. Se è un gesto consapevole e un impegno per la vita, prendersi la responsabilità di fare da padre al figlio di un altro non mi sembra un ‘pasticcio’, ma un’esperienza di coraggio, da cui può venire un’enorme forza per tutti voi.

Claudio Risé

 

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