Il coraggio di essere padre

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, novembre 2000

E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano

oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it 

 


E' difficile accettare la realtà della disoccupazione di fronte alla propria famiglia. Ma dobbiamo dare ai nostri figli un esempio di forza di fronte alle inevitabili difficoltà della vita.


«Ho 35 anni. Tre anni or sono è arrivato il giorno, bellissimo, del nostro matrimonio, ma il dono più bello fu l’arrivo di un bimbo, stupendo. Intanto, però, la mia attività andava male, e dovetti chiuderla… Ora quelle giornate che prima erano piene di gioia, di parole e progetti, ora sono fatte di silenzi, incomprensioni, e nervosismo. Si pensa al mutuo della casa, e a quella innocente creatura che cresce, e a quel maledetto lavoro che non arriva mai. Vorresti non facesse mai sera, per non sederti mai a quella tavola imbandita, perché sai che quello che c'é sul tavolo non lo hai meritato, e perché dove prima c'era tanta gioia ora c'é solo tensione, tristezza ed incomprensione. Vorresti che non facesse mai sera perché magari devi tornare a casa, e tu non hai nulla da portare, e ti senti agli occhi di tua moglie e di tuo figlio un fallito. Allora pensi a molte cose. E di frequente pensi a quelle povere persone che per non sentirsi falliti si uccidono. E’ più da vigliacco uccidersi, o continuare a vivere, pur sentendosi un fallito?»

E.G. , Milano 


Caro amico, lei, come tutte le centinaia di migliaia di mariti e padri che hanno perso il lavoro in Occidente negli ultimi due/tre anni, non è affatto un fallito. E’ una persona che si trova nella difficile situazione di condividere la responsabilità di una famiglia, in anni in cui le attività vanno spesso male, ed i soldi scarseggiano, o mancano del tutto. L’uomo, il buon marito e padre, sente fortissima la responsabilità del benessere familiare. Ma, dichiarandosi “fallito”, lei mette le sue capacità al centro di una situazione che, in realtà, non é determinata tanto dalla sua “bravura”, ma soprattutto da  opportunità di mercato che, per ora, scarseggiano per tutti. Agli uomini, oggi, al piccolo esercito di padri che si sentono inadeguati a sostenere le esigenze delle loro famiglie, e che spesso, soprattutto in America, travolti dalla vergogna vanno a gonfiare l'esercito degli homeless, dei senza casa, é richiesta una prova di umiltà. Il marito e padre, anche se bravo e forte, non é però onnipotente. E, quando il vento contrario soffia forte, deve fare come la canna del proverbio siciliano, e piegarsi. Per poi rialzarsi, ancora integro, quando le condizioni saranno più favorevoli. La versatilità, flessibilità, pazienza é una virtù maschile molto maggiore della grandiosità narcisistica, che ci apprezza solo  quando ci vede "vincenti", negandoci ogni valore quando le difficoltà si accaniscono contro di noi. E' invece solo dopo aver mancato allo scopo, e aver errato come uno straccione nella foresta, che Parsifal verrà chiamato ad essere re del Graal. Quella della sconfitta, dell'aggressione da parte della vita, é, in realtà una prova ben più solida, e dai frutti più duraturi, che una facile vittoria. Certo, tutto questo é molto difficile da accettare, e ancor più da vivere. Soprattutto dopo decenni di cultura del successo facile. Ma, come ora vediamo, era una bugia, una scorciatoia fasulla, periodicamente riproposta all'uomo per aggirare le difficoltà della vita, le prove che lo rendono davvero forte.
Quanto al suicidio, una pratica che dagli anni 7O in poi si é diffusa tra i maschi in Occidente con un incremento dell'80%, si tratta, caro amico, di un'opzione che lei non può, a mio avviso, prendere in alcuna considerazione. Proprio perché, come mi dice nella sua lettera, é padre di un bimbo, stupendo. E i padri non possono uccidersi. Perché essi rappresentano, agli occhi dei figli, specie se maschi, la forza nell'affrontare le prove della vita. Noi dobbiamo ai nostri figli  il necessario per vivere confortevolmente,  se possiamo fornirglielo. Ma in ogni caso dobbiamo loro un esempio di coraggio, nel fronteggiare una vita in cui li abbiamo chiamati. Il suicidio del padre é un abbandono del figlio, che il suo bimbo non merita. Gli offra invece, l'umile ed eroico esempio di un padre che affronta, con pazienza, e senza drammi, le avversità.

 

Claudio Risé

 

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