Due uomini e un aborto

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, novembre 2000

E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano

oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it 

 


La fidanzata sedicenne del figlio ha interrotto una gravidanza. Il ragazzo sostiene che il problema non lo riguarda. E il padre si chiede da dove nasce questa mancanza di responsabilità.


«La fidanzatina sedicenne di mio figlio, 19 anni, ha abortito. Appena ho saputo – in modo del tutto causale, a cose fatte – ho provato a parlargliene, almeno per indurlo in futuro a comportarsi in modo più responsabile per quanto riguarda i metodi anticoncezionali. Ma mi è parso sordo, indifferente, come se contraccezione e aborto fossero problemi esclusivamente femminili. Secondo lui, spetta alle ragazze preoccuparsi di non rimanere incinte. E mi ha invitato a non “farne una tragedia”, visto che dopo tutto la sua fidanzata ha superato abbastanza bene questo episodio, almeno all’apparenza. Ma chi può dire che riflessi avrà questa esperienza su una ragazzina così giovane? Quello che so è che mio figlio non ha dato alcun segno né di dolore né di riflessione. E questo mi preoccupa. Come posso aiutarlo a essere più maturo e responsabile?».

Matteo, Pisa


Caro amico, è giusto che lei faccia il possibile per suscitare in suo figlio maggior consapevolezza e responsabilità. Devo però invitarla, per evitare delusioni, a non aspettarsi troppo da questi suoi interventi. Indispensabili, certo. Ma in totale contrasto con l’attuale tendenza sociale. Ormai gli aborti (e le gravidanze) di minorenni, che rappresentano da tempo una vera piaga sociale negli Stati Uniti, sono in aumento in tutti i Paesi occidentali. All’origine del fenomeno, come confermano le ricerche psicologiche e sociali, c’è la dissoluzione della famiglia, a partire dal crollo della figura paterna. Nel tipo di nucleo familiare sempre più diffuso, con genitori separati e figli affidati alla madre, il padre è rappresentato nella vita quotidiana da diverse immagini maschili (il nuovo compagno della madre, il nonno) che trasmettono ai bambini e agli adolescenti un sistema di norme e divieti sempre più debole. Ma anche nelle famiglie “regolari” la figura paterna è spesso assente dalla scena. Viene così a mancare quel “ponte” simbolico tra i figli e la società che in tutte le culture è sempre stato rappresentato dal padre: una figura senza la quale, purtroppo, è molto difficile transitare dall’infanzia all’età adulta. Le conseguenze di questa mancanza sul piano dei comportamenti sociali sono enormi.
Nei rapporti con gli altri permane infatti un atteggiamento infantile di tipo predatorio, in cui predomina, come nei bambini, il principio del piacere e l’assenza di responsabilità. L’ossessivo edonismo di molti giovani d’oggi nasce innanzi tutto dall’assenza, nella famiglia e nella società, di figure paterne attendibili, che consentano di scoprire un piacere diverso dalla soddisfazione immediata dei bisogni e dei desideri: quello dell’attesa, della responsabilità, della fatica e della tenacia nel raggiungere i propri obiettivi. Lei continui a impegnarsi nel fare di suo figlio un uomo, e non un bambino avido e crudele. La sua coscienza glielo impone. Non basta però un padre per creare nei figli una prospettiva adulta, se tutta la società rema contro di lui. Come un bravo guerriero, sia dunque pronto a perdere la sua giusta battaglia.

Claudio Risé

 

torna indietro